sabato 31 maggio 2014

Sprazzi di studio

Il tempo della danza incontra le stelle.
Pan pepato di galassie, tribuni della plebe dell'Universo che si scambiano parole come aragoste sul filo del rasoio.

Vino. Tanto vino.
Bianco, stagno e rosato; assaggi di primavera, verso il caldo; annaffiate la bontà, e venghino signori, che nella botte buona c'è il vino piccolo.

Saltimbanco, ripetilo! Annuncia al mondo il movimento delle tue gambe! Compi scelte azzardate, giullare del moto celeste, ma accidenti, che moto!

Siamo giganti? O quella era una formica?

Odio la domenica, soprattutto quando cade di sabato.

Alla Banca del Torrone c'era un gran trambusto: i coccodrilli scioperavano languidi, vendendo i gelati della concorrenza alle scimmie della birreria.
"Siamo operai, con una certa dose, non eccessiva, di dignità"
Il coro grida al fantoccio, direttore delle stalle di formaggio.
"Siamo lavoratori, non  potete pagarci con il vile denaro. Vogliamo zucchero, e mascarpone."
Dal fondo dell'aula, la voce fuori dal coro: "voglio dire voglio quanto voglio. Voglio avere il trattamento che si riserva ai gamberi: mai guardare avanti, trascinati dal fiume."
I cori si moltiplicano, ognuno a cantar la sua Gioconda:
"Colori per tutti, e di tutti i colori. Mai senza il vocabolario, nemmeno per andare al mare!"
"Non voglio invecchiare in questa fabbrica, e nemmeno in questa vita! Voglio vivere per sempre giorni di latte e opossum!"
"Ascoltate me: io sono la verità, anche se qualche volta mento sull'età"
"Caliamoci nel personaggio, signori: siamo bambole, orsù!"
Un bambino scoppia un palloncino, e tutti si spaventano.
О μύθος δελοι οτι: desidera la Luna, ma stai sempre attento ai tombini.

Beethoven osserva il cavalli che galoppano, nel mare della glassa ai peperoni. "Muovete le zampe meglio, stupide bestie, siete fuori ritmo!"

La spiaggia inizia ad animarsi. I coralli ballano in fila indiana, ammazzando il tempo, e qualche cocktail.
Anziane balene scodinzolano all'aria della Luna, mentre i granchi servono pinguini e radiatori ad una folla di trichechi paciosi.
"Una stella cadente!"
Un nuovo mondo finisce.

mercoledì 9 aprile 2014

Curiosità e campane

Il Cantabarone si appoggiò al bordo della sua scrivania scamosciata, leccando le pagine fragranti del Libro delle Sere.
"Maledizione alla Ricerca del Perché. Le nostre vite vengono decise da quel pianoforte, da quella tarantella, da quella ridda di pensieri, da quella curiosità. Ecco sì. Sia maledetta la curiosità."
<<SIA MALEDETTA LA CURIOSITÀ, ROVINA DI POPOLI E DI BISCOTTI>>
DONG. DONG. DONG.
Il suono delle protocampane scandì i battiti del suo cuore perlato, scuotendolo con brividi di barracudea presenza.

<<CANTABARONE!>>
"No, non può essere", pensò l'uomo.

<<CANTABARONE SCHMIDT!>>
"Da quando le protocampane urlano?"

<<CANTABARONE SCHMIDT! RISPONDA!>>
<<Voi non state parlando! Devo essermi addormentato qualche minuto fa, con la lingua ancora impregnata di inchiostro paleostorico! LE URLANE NON CAMPANO! LE CAMPANE NON URLANO!>>
Schmidt era arrabbiato. Qualunque cosa rompesse la sua logica, a dire il vero, lo urtava sensibilmente.
Non era abituato a essere contraddetto.

<<Eppure, cieco d'un Cantabarone, stiamo parlando. Da secoli le protocampane hanno solamente cantato, pardon, suonato, senza che gli uomini si interessassero dei loro affari. Eppure noi siamo millenarie.>>
La voce delle protocampane era un coro di rispi, decisamente sgraziata rispetto alle carole che intonavano il Giorno del Motore.
<<Millenarie? Ma come millenarie?>> c'era qualcosa che non quadrava. Come una busta di tè infilata in un sacchetto giallo, Schmidt non riusciva a cogliere la verità nel suono delle protocampane.

<<Cantiamo, pardon, suoniamo da molti secoli, Cantabarone. Da prima della nascita delle sideropalle, quando ancora Giroscopio era un pianeta disabitato, e i furetti pascevano tra il nostro giallometallo. Siamo più antiche della tua meccanorazza, per quanto ti riguarda. La nostra storia, se vista attraverso una pigna, spiega tutto.>>
<<Ho capito dove volete arrivare! Demoni! Non avrete mai la mia curiosità! Un piano ingegnoso, devo ammettere.>>
Il Cantabarone si lisciò la barba, soddisfatto come una lucertola al sole.
<<Ora potete uscire, l'ho capito che non siete protocampane. Beh, se era uno scherzo del Ciecodiacono, o meglio, una prova della mia Fede architettata da lui, credo di averla passata. Potete spegnere il fonoregistratore e uscire, davvero.>>
Aspettò dieci lunghissimi narcosecondi.

DONG. DONG. DONG.
I tre rintocchi furono più reali che mai, e talmente forti da spalancare il finestrone di pantaghiaccio che dava sulla Piazza dell'Immutabile.
La gente si stava scambiando regali scontati ringraziando le galline dell'Archiconte.
Il Cantabarone vacillò pesantemente.
Dall'alto, una pigna cadde sul balcone.
Il Cantabarone si chinò per raccoglierla.

<<Millenarie, Cantabarone. Millenarie.>>

martedì 4 febbraio 2014

Quella sensazione

Non so se la sentite anche voi, quella sensazione.
Quella sensazione prende spesso chi scrive, ha scritto o deve ancora scrivere. O meglio, chiunque sia legato al concetto del Creare, nel senso biblico del termine.
Quella sensazione è per gli artisti, per chi ha la bestia che dentro rugge, alla ricerca della chiave della gabbia.
Quella sensazione mi prende sempre, ogni giorno, ogni ora.
Quella sensazione.
"Mi piacerebbe scrivere di... ?"
E giù con sbrodolate cangianti di immagini, che si levano nella mia povera mente. Uscite. Volate! Volate mie care. E che la mia notte sia libera, anche solo per due ore.

LA PIANURA
Sterminate le ali dell'esercito del Destino. Si marcia da anni, alla ricerca della dimensione finale.
Fame, freddo e bolge di rutilanti bestie, accozzaglie di insetti e sparuti elefanti.
Gli eserciti nemici ci punzecchiano da secoli, mentre marciamo nella Pianura.
"Io conosco dove dormono le stelle. Io conosco la nascita delle nuvole e la bellezza degli Dei. Seguitemi. Le vostre lacrime sono solo numeri davanti al Risultato!"
La Guida urla alle nostre colonne, ci sprona, immortale araldo della vita che fu.
"Guariamo la nostra anima, respiriamo il tempo. Io conosco dove dormono le stelle!"
Lo seguiamo.
Secoli.
Anitre di secoli, scaglie di millenni.
La sogno tutte le notti, la nostra Meta.
Gli oceani di latte cascano nell'Universo. La Guida ci culla con le sue ultime parole, la fine del suo compito coincide con la sua.
Le stelle tutte le sere ci baciano, prima di dormire, mentre i colibrì disegnano libellule nell'aria e si nutrono di sabbia. Dolce nettare scorre dalle colline, e ci dissetiamo in fiumi frizzanti.
La nostra stirpe, un tempo maledetta, è ora rigogliosa, tra vino di more e aspri gelsi. Cavalli dondolano le criniere, assaporando il gusto della corsa e dell'erba appena tagliata.
"Io conosco dove dormono le stelle!"
Ogni sveglia è un pianto.

Racconto abbastanza angosciante, lo ammetto.
Per la cronaca nasce dall'ascolto insensato e ripetuto della canzone "Noldor", dei Blind Guardian. Lo spirito di fondo è l'affascinante sfondo del Silmarilion, libro ricco di drammaticità ed epicità, l'apologia del clichè del "popolo in cammino".
Amo Tolkien, e amo l'atmosfera del Silmarillion. E quella sensazione mi punzecchiava da mesi.
"Ma non ti piacerebbe scrivere del Silmarilion?"