giovedì 29 marzo 2012

Assurdo il videogioco


Il nuovo gioco 2D senza senso, figlio malato di un laboratorio di informatica e tre nerd che non volevano fare lezione. 

Ti viene consegnata una spada, con la quale devi girare su un monociclo e uccidere dei goblin nudi omosessuali, ovviamente suonando la cornamusa (comparsa dal nulla) e poi devi sparare a dei pinguini zombi ebrei che sanno solo saltare in basso con stupore della folla (non è cosa da tutti i giorni vedere dei pinguini che sanno saltare solo verso il basso).
Devi andare in cerca di tesori che ti aspetti, contenuti in bauli che sono dei confetti di Hello Kitty, dove dentro trovi delle mutande rosa che sei costretto ad indossare per andare avanti di livello. I nemici più cattivi sono i temibili draghi del gesso.
Il boss finale del dungeon è una Barbie transessuale africana con un mitra al posto della gamba destra e al posto del naso ha un machete, che alla fine scopri essere tua mamma.

Ma in verità, non è il vero finale. Il finale vero è che tutto era un sogno e che il gioco dura oltre trecento ore di gioco, solo di quest principale, mentre le quest secondarie hanno una durata totale di due ore.
La più lunga è la quest dove i lupi mannari sono gialli e rossi e saltano su steccati di panna acida. Naturalmente al posto di pistole hanno banane.

Tale quest si chiama "Rossi the Trololo of the Shadow's Mountain": la famosa quest che è buggata apposta, va sempre in loop mentre Rossi balla il Trololo e il gioco non finirà mai.
Se però sei fortunato compare un Pikachu (unico effetto 3D del gioco) che ti ripete di scaccolarti. Se lo fai tiri un d20 a 30 facce e se fai più di 12 accedi al Bergen Temple dove ti viene insegnato a essere una cicogna bugiarda, che si scopre NON essere tuo padre.
Se fallisci verrai indirizzato alla camera a gas necrofilo pieno di algoritmi messi a caso e strutture dati fatte di camomilla, fragole e gesso. Mai dimenticare il gesso!
Alla fine potrai essere dichiarato ETEROSESSUALE nonostante tu ami profondamente la pianta che ti regalò un Argoniano il giorno della tua prima comunione. Il gioco si chiude con una schermata blu con scritto "The plant is a lie".

Ma non dimentichiamoci dell'espansione Niagara's Legacy!

In sottofondo partirà la versione misheard di It's My Life, mentre uno zombie e un geranio usciranno dal monitor inculandosi a vicenda per la stanza con grande dispiacere dell'orecchio destro di tua suocera, evocata per l'occasione dietro al tuo armadio, che si scopre essere LUI tuo padre, l'armadio di Narnia e lo stupido Mr Tumnus.

Poi ci sarà un seguito, dove dovrai interpretare un gessetto. Dovrai viaggiare dentro un essere chiamato Algebra fatto di baffi (solo quelli). Si sa solo che ad un certo punto del gioco incontrerai un potente alleato, chiamato Daimon, e ti chiederà se puoi essere fumato da lui o se vuoi fumarti da solo
Ma tu devi scegliere di fumarti lui e comprare l'intero Ipercoop di viale Piacenza a Rho milanese, dove colonie di Jigglypuff si ingroppano per conquistare il mondo.
Tale Ipercoop può essere dorato e trasformato in un gatto paffuto e tascato che ti ripeterà che sei in ritardo, tranne quando andrai finalmente a letto con la regina delle streghe.
Poi i beta tester hanno scoperto dopodomani che questo seguito ha un finale.
La colonna sonora è dei Nightwish, mentre la capsula del tempo usata per uscire da Narnia è una supposta di ossidiana.
Si scoprirà poi chein realtà quella capsula era tua nonna di 3° grado.

Allontanarsi dalla quest principale vuol dire finire in un bosco dove vince chi ti tagga per primo in una foto di Paris Hilton e del suo nuovo furetto,e l'ultimo che ti tagga per penitenza deve scopare il tuo dito ignolo.
In questo gioco le 99 scimmie di cui si cantava nelle Follie dell'imperatore, ora zombie, cantano di mummie afrodisiache, e il boss finale è un temibile drago di gesso omosessuale masochista piromane necrofilo zoofilo sadico, che indossa un tutù (di gesso) rosa.

La rivelazione peggiore è quando nella rovina nanica trovi i resti di una leggenda scappata, nata dalla tempesta che sconvolse la Terra per secoli durati decine di giorni, in cui Rossi e Bergenti si sfidarono per la supremazia del mondo.

Dalla malata mente di Darkfagio, Pain e il Formichiere.

giovedì 15 marzo 2012

Saltellando Felicione

Lambiccando il mio povero ed inusuale cervello, pedissequamente mal gestito, sono giunto alla conclusione del saltellìo incessante.
Ogni persona nasce saltellando, felicione come un peluche stellare sperso per qualche luna boscosa delle Galassie Fantadiottriche.
Chi smette di saltellare può farlo per motivi d'accidente: un rametto pulviscoloso, un moscerino fastidioso, una ranocchia che ti sfida ad essere verde.
Ma in ogni caso lo smettere di saltellare comporta una fine, più o meno visionabile, più o meno dolorosamente.
Il nostro felicioso saltellare può giungere ovunque egli desideri (dicesi ricorsione vitale: lo fa perché lo vuole e lo vuole perché lo fa), ma fattori possono aumentarlo o decelerarlo, oltre che purtroppo fermarlo.
Prendiamo per esempio la definizione che il vocabolario anteluviano da' alla parola TENTAZIONE.

TENTAZIONE: gorgogliante ammasso incolore in cui ognuno vede ciò che vuole. Caratteristica intersoggettiva della TENTAZIONE è la sua capacità di far variare in direzione o velocità, il nostro saltellare.
vedi:      rane verdi di Jesolo
           comare scimmia

Non sono sburocchiolate che mi vengono in mente per l'albero che tira (o per l'albero che fa vento starnutendo), ma esperienze vissute per sofferenza.

Camminavo, anzi, saltellavo col brio di un capriolo che ha addosso le mutande nuove (fresche e odorose di pulito, intonse come un barattolo bianco di latta).
Ad un certo punto, di fronte ad un fiume mostro il ponte giallo mi ha parlato, invitandomi come un burattinaio a saltellare su di  lui, per guadagnare tempo, mi diceva sulle note di un pomeriggio primaverile.
Accettavo come un XY che vede un XX, lanciandomi in un galoppo forsennato, berserk di gambe.
Cacchio il gufo aveva ragione.
Nel momento in cui il mio balzello stava per toccare il giallo del ponte sorridente, e il mio cuore era leggero come panna montata, il ponte si scansa e finisco nell'acqua.
Quanto ho dovuto saltellare per uscire dalle schiumose acque sciabordanti, tumulto di scogli e di spuma, brezza liquida e frizzante!

La morale è: saltellate attenti, diffidate dei ponti gialli, il male è TENTAZIONE, meglio a questo punto la convenzione.

P.S. La rima non è voluta.
Almeno non consciamente.

domenica 4 marzo 2012

La Frustrazione della Domenica pomeriggio

I cavalieri lucidi e unti già si stagliano sulle colline della fantasia, lentamente muovendosi verso la concretezza della pagina bianca, del nulla da plasmare.
Una palude si stende davanti ai loro destrieri pitturati, una palude ricca di insidie, e con mille strade. Ogni strada porta a qualcosa, ma non lo si può sapere se non percorrendole.
I cavalieri, sudando nelle loro sfavillanti armature variopinte, non riescono a mettersi d'accordo sulla strada da percorrere: c'è chi vuole quella rosa, mentre messer Inovvio indica con certezza quella che pare la più difficile, convinto che alla fine sia l'unica davvero sicura; c'è chi vuole quella d'argento, chi cerca quella del pleonastico e del non necessario (dove colibrì farfallano tra giganteschi fiori, nei quelli le descrizioni circolano all'infinito ampliandosi asintoticamente), oppure chi decide di lanciarsi dritto per dritto, rotolando nella melma e sparendo nel fuoco marrone delle ribollenti acque di stagno.
Qualche cavaliere, i più temerari, si gettano nella stada delle infinite battaglie, sperando di andare aventi tra mazzate e colpi di lancia; qualcuno si dirige timoroso nelle impossibili questioni, altri in vicoli che sembrano portare all'uscita, ma che in realtà girano in tondo.
Ser Laido cerca la strada del bassume, delle brutture linguistiche e nelle situazioni piccanti e nei nudi, pensando ad una schiera di bavosi lettori; i cavalieri dell'alba vanno invece nella strada delle promesse false, quella che appare facile, la più banale.
Ser Peto torna indietro, non avendo coraggio a sufficienza per avanzare nella palude; ser Fulvio ragiona sulla strada dei colpi di segna, rischiando di non avanzare nemmeno di un passo.

Ho sempre odiato la domenica pomeriggio, stupida spettatrice del lunedì che si avvicina. L'indolenza raggiunge picchi da spread, mentre il divano sembra quasi scomodo nel torpore del primo pomeriggio.
E' un odio viscerale e profondo, che non lascia spazio ad allegria. E scrivere un romanzo fantasy in un clima del genere porta a conclusioni ovvie o stupide, mai geniali e irriverenti.
Un bel vaffanculo alla domenica pomeriggio (passatemi la cattiveria, sono frustrato).
Ogni domenica pomeriggio, mollare sembra più facile.