sabato 30 marzo 2013

Sproloqui e nuovi progetti

Spesso trastullandosi in pigre serate con amiche e amici gli argomenti si vedono protagonisti di cambi repentini: la mano dell'Assurdo si libra sulle discussioni per portarle su strade desiderate inconsciamente, portando a sconclusionate illuminazioni su progetti culturali o meno.

Nel mio caso ho avuto la spinta (spero l'ultima) per la scrittura di un romanzo demenziale-fantascientifico.
Da quando ho iniziato le distruttive saghe di Mondo Disco di Terry Pratchett (ve lo consiglio, pelandroni), avevo in mano uno stile letterario divertente, che poteva aiutarmi alla stesura di un romanzo "serio".
Mi mancava la storia.
Che ieri sera si è scoperta già esistente e pronta.

Manca solo il coraggio, ora.
Sono molto bravo a iniziare le cose.
O meglio, sono un fan della discontinuità: un giorno parlo di lucertole, il giorno dopo di scale e rinoceronti; un giorno di frigoriferi e colibrì, quello dopo d'Irlanda e salsicce.
Un romanzo, un intero libro con un'intera storia, richiede CONTINUITÀ.
Una qualità (o un difetto? Mi consulterò con il mio psichiatra-dentifricio) che non possiedo è la continuità.

Molto probabilmente tra due settimane saremo qui a parlare di come è stato bello partire nella stesura di un romanzo. E di quanto è stato rilassante gettare tutto ai canederli.
Oppure di quanto il romanzo si stia rivelando riposante, come un frigorifero nel quale non devi cercare le fettallatte.
In ogni caso... non so come andrà.

Perciò cambio repentinamente argomento e butto giù due casuali versi, ché mi stavo incartando in un discorso serio.

Lamprede di danza si
rigettano nei flutti
della memoria.
Abbraccia la scossa,
vaso di terracotta.
Un prosciutto immobile
si palesa medicina
per cuori infranti.
Lavami la macchina,
che domani nevica.

domenica 17 marzo 2013

Lettura da gustare

Il titolo potrebbe sembrare idiota, ma per la mia letteratura si tratta di un passo epocale.
Cercherò di calibrare le parole, riordinando ciò che a flusso esce dalla mia mente.
Sarà la prima volta che rileggerò più di una volta le frasi che voglio pubblicare.

Leggetelo con enfasi, gustandovelo come una torta di crema pasticcera.
L'intento è creare un articolo breve ma estremamente piacevole, popolato da parole che, bilanciate nella loro onomatopeica bellezza, regalino al lettore sensazioni di piacere.
In altre parole: lettura da gustare.
Strusciate la sedia sul pavimento: mente mia, fatti capanna.

Prototipi pimpanti palleggiano su papabili pinoli. Pappardelle e polpette stese su sughi squisiti, odorati da prezzemolo appetitoso ed erbette da lasciare l'acquolina in bocca.
Provole e pepe.
Rollate l'arrosto tra cosce succose e croccanti, dorate, dal profumo prelibato.
Tombini di barattoli, bambagia a profusione. Morbido e delicato, l'abbraccio vellutato della comodità.
Sedete, su, senza indugiare.
La tenera tavola promette scivolose pietanze e collezioni pregiate. Sciacquatevi i palmi, e nettatevi accuratamente con una salvietta asciutta.
Traveggole e frottole rosolate.
Infilate le babbucce e coricatevi tra i cuscini delle sete più scivolose e costose, pregiate propaggini da perle lontane.
Sempre ben pasciuto l'ospite in leggeri pigiami.
Pianole fatate, dai tasti di velluto, suonano ninnananne di smeraldo e rubino.
Buonanotte, bambinaia.

Uno sforzo letterario che non facevo da un po'. Rileggere le cose. Dopo averle scritte. Che fatica. Ora, non so se sia venuto bene, e se sia riuscito a cogliere il segno.
Trattasi di un esperimento, e dunque vi invito (se avete tempo e voglia) di darmi una mano per capire se la strada percorsa è quella lastricata, o se sto camminando in una palude di sabbie mobili.

Morbida strada,
stenditi all'infinito,
avviluppandomi di fatiche,
gioie,
indicazioni.

lunedì 11 marzo 2013

Viaggi a Improbabilità Infinita e Asciugamani


"Lontano, nei dimenticati spazi non segnati nelle carte geografiche dell’estremo limite della Spirale Ovest della Galassia, c’è un piccolo e insignificante sole giallo.
A orbitare intorno a esso, alla distanza di centoquarantanove
milioni di chilometri, c’è un piccolo, trascurabilissimo pianeta
azzurro–verde, le cui forme di vita, discendenti dalle scimmie, sono così incredibilmente primitive che credono ancora che gli orologi da polso digitali siano un’ottima invenzione."

Nonostante tali difficoltà ambientali, nel millenovecentocinquantaduesimo anno (calcolato in base alla nascita di un uomo giudicato parecchio importante sul quel trascurabilissimo pianeta) nacque qualcuno che finalmente rivolse il suo curioso sguardo oltre l'atmosfera che avvolgeva la sfera azzurro-verde.
E purtroppo (credo sempre per la difficoltà delle condizioni ambientali), non visse abbastanza a lungo per poter finire di raccontare la storia più inverosimile (ma la più probabile) dell'Universo.
Ora che ci penso, solo l'infinità gli avrebbe permesso di porre una non-conclusione alla sua storia.

Questo articolo non vuole assolutamente aggiungere nulla al genio (per molti incomprensibile) di Douglas Adams.
E qualunque cosa io possa provare a scrivere nel giorno in cui avrebbe compiuto 61 anni non potrebbe rendere giustizia a colui che ha sbloccato la mia vena creativa.

Per questo mi limiterò a citare il passaggio più anticonvenzionale e assurdo della Letteratura mondiale.
Signore, signori, Formichieri e suoi seguaci, ecco a Voi il Viaggio ad Improbabilità Infinita.

"L’universo reale s’inarcò disgustosamente sotto di loro,
allontanandosi. Vari finti universi passarono silenziosi, come capre di montagna. Esplose la luce primeva, spruzzando spazio–tempo in giro come pezzi di ricotta. Fiorì il tempo, la materia scomparve. 
Il massimo numero primo si conglomerò tranquillo in un angolo e si nascose per l'eternità.
– Oh, piantala – disse Arthur – le probabilità che questo
succedesse erano infinitesimali.
– Ma intanto ha funzionato – disse Ford.
– In che razza di astronave siamo? – chiese Arthur mentre l'abisso dell'eternità si apriva sotto di loro.
– Non lo so – disse Ford – non ho ancora aperto gli occhi.
– Nemmeno io – disse Arthur.
L'Universo saltò, si bloccò, tremò e s'indirizzò in varie impensate direzioni. Arthur e Ford aprirono gli occhi e si guardarono intorno, enormemente stupiti.
– Buon Dio – disse Arthur. – Sembra proprio il lungomare di Southend!
– Diamine, sono proprio contento di sentirti dire questo – disse
Ford.
– Perché?
– Perché pensavo di essere diventato matto.
– Forse lo sei diventato. Forse hai solo creduto che io abbia detto quello che ho detto.
Ford ci pensò su.
– Ma l’hai detto o non l’hai detto? – chiese.
– Credo di averlo detto – disse Arthur.
– Forse siamo diventati matti tutt'e due.
– Sì – disse Arthur – è da pazzi, tutto considerato, pensare che
questa sia Southend.
– Perché, credi davvero che sia Southend?
– Oh sì.
– Anch'io.
– Quindi dobbiamo essere matti.
– Ma se non altro è una bella giornata.
– Sì – disse un pazzo di passaggio.
– Chi era? – chiese Arthur.
– Chi, quell'uomo con cinque teste e un cespuglio di bacche di
sambuco pieno di aringhe affumicate?
– Sì.
– Non so, era uno.
– Ah.
Seduti sul marciapiedi, Arthur e Ford guardarono con un certo
disagio degli enormi bambini rimbalzare pesantemente lungo la
spiaggia, e cavalli selvaggi galoppare in cielo portando fresche
provviste d'ingiurie recidive alle Aree Incerte.
– Sai – disse Arthur, tossicchiando – se questa è Southend, ha
qualcosa di molto strano...
– Vuoi dire per via del mare solido come roccia e delle case che
continuano a sciabordare su e giù? – disse Ford. – Sì, anch'io penso che sia abbastanza strano. – Con enorme fragore, Southend si divise in sei segmenti uguali che si misero a danzare e girare vorticosamente gli uni intorno agli altri, con aria libidinosa e impudica.
– In effetti – disse Ford – sta proprio succedendo qualcosa di molto strano.
Folli e lamentosi suoni di pifferi e di violini s'incancrenirono nel vento, frittelle dolci saltarono fuori dalla strada per dieci pence l'una, orribili pesci precipitarono dal cielo, e Arthur e Ford decisero di scappare.
Si buttarono in mezzo a pesanti muri di suono, a montagne di
pensiero arcaico, a valli di musica triste, a laghi di scarpe maligne e di pipistrelli stupidi, e d'un tratto sentirono una voce di ragazza.
Sembrava la voce di una persona ragionevole, ma disse solo:
– Due elevato alla potenza di centomila contro uno, in diminuzione.
Ford scivolò lungo un raggio di luce e girò vorticosamente,
cercando di individuare da dove venisse la voce, ma non vide niente che si potesse ritenere realmente verosimile.
– Che voce è questa? – gridò Arthur.
– Non lo so! – urlò Ford. – Non lo so. Sembra un indice di
probabilità.
– Probabilità? Cosa intendi dire?
– Intendo dire probabilità. Per esempio, due probabilità contro una, tre contro una, quattro contro cinque. La voce ha detto due elevato alla potenza di centomila contro uno. Una roba molto improbabile, ti pare?
Una vasca da cinque milioni di litri piena di budino di crema si
rovesciò su di loro senza preavviso.
– Ma cosa significa? – urlò Arthur.
– Cosa, il budino?
– No, l'indice d'improbabilità!
– Non lo so. Non lo so proprio. Penso che siamo su un qualche
tipo di astronave.
– Posso solo dedurre – disse Arthur – che non ci troviamo negli
scompartimenti di prima classe."
Douglas Adams, La Guida Galattica per Autostoppisti.

Auguri Doug, e grazie per tutto il pesce.


domenica 10 marzo 2013

Miss you Eireann

Le mie prime poesie, perse nel verde di una terra senza tempo. Inondami del verde che mi separa dall'infinito.
Speranza.
Non a caso la speranza è verde.

Canto trillando di un mandolino vagante, che bussa di porta in porta. Si paga le patate suonando dolci ballate, verdi e boscose.
Ti dedico la mia musica, o mia Musa.

Ballo nella pioggia con girovaghi ubriachi di birra verde.
Mi sveglio fresco al mattino, perché sono il mare, e tutti i giorni bacio Eireann, la mia sposa.

Cantiamo sui tavoli, intrisi di birra e complotti.
Balliamo per la guerra e piangiamo per la musica.
Bandiera verde verso il rosso oceano.

So che qualcuno potrebbe dire, sconfrottando (un verbo a metà tra lo sconsolarsi e il lamentarsi), che l'Irlanda e questo testo non hanno nulla di Assurdo. Borbottoni puntigliosi.
Di rimando vi ricordo che il mio modo per farmi passare una sbronza di nera malinconia è urlarlo al mare; ma dato che sono in pieno pianura, opto per la seconda scelta migliore per scacciare la malinconia: scrivere.

L'Irlanda mi manca. Terribilmente.
Quando mi siedo davanti al pc, ascoltando nel buio canzoni di risveglio, di coraggio, di morte, di ribellione, d'Irlanda, la mia mente galoppa nel verde.
Chi mi ha fatto tornare a casa?
Se potessi scegliere dove morire, sceglierei l'Irlanda.

Che tremenda malinconia.
Mi riempie il cuore; i miei gesti si fanno pesanti, danzando una ballata ormai dimenticata.
Ti ricordi l'odore dei pub di Dublino? Profumavano di felicità.
Trilla il flauto, e il mio cuore batte a ritmo.

Miss you, Eireann.
Il gaelico è la mia poesia preferita.
Alzo a te il bicchiere, in un brindisi infinito, fatto di lacrime e ricordi.

Sputo per terra guardando un cielo plumbeo. Verde si stende la piana, invogliandomi a correre, a volare.
L'Irlanda è dove il Creatore ha baciato la terra.
L'Irlanda è dove la natura ti abbraccia, con la puzza d'alcol e salsedine, con i bambini sporchi dei bassifondi di Dublino, con una pinta di birra scura in mano.

L'Irlanda è dove ho scritto le mie prime VERE poesie.
Pochi di voi, forse nessuno le ha mai lette.
Perché, in fondo in fondo, sono rimaste a casa.

venerdì 8 marzo 2013

Alla Guida

Credo fermamente nel taumaturgico potere della Poesia, panacea di tutti i mali e capace di destituire il più piatto dei pomeriggi domenicali.
"Lasciatemi poetare, ve ne prego".

ALLA GUIDA

Crogiolo di mondi incompiuti,
salto da Universi ad altri.
I gas non sono costanti, arranco
nel nero cosmico.
L'Universo è un pinguino
che non smette mai di nuotare.

Litigo con buchi neri, 
capre e lepri,
saltimbanchi di banchi di nebbia.
Irradiati di luce
i capodogli
piombano a terra.

Frullare d'ali,
primordiale battito.
L'Universo è solo una combinazione,
di due numeri:
quattro e
due.

lunedì 4 marzo 2013

Grazie Duemila

Innanzitutto vorrei ringraziarvi per le duemila visualizzazioni. Già passate da una settimana, ma in nessun articolo sono riuscito a inserire un dovuto ringraziamento.
Ma poiché questo è un delirio di quelli che tanto mi piacciono quando la sera allunga le sue ombre, mi sembrava corretto e ovale ringraziarvi, e dedicarlo completamente a Voi.
Siete i migliori lettori che uno scrittore possa augurarsi.

Critici, sempre attenti: cogliete le piccolezze, come chi deve controllare che la raccolta differenziata avvenga senza bertucce che buttano l'organico nel giocattolo.
Calorosi e gentili, come l'altro giorno: mai un mio articolo ebbe un tale successo!
E sì, che come sempre, parto senza particolari filtri, e dunque scrivo a ruota libera tutto quello che mi passa per la mente.

Come una doccia di peli odorosi, inalo sensazioni di precisione avvenieristica.
Mi imbrodo: le giuggiole gongolano della loro presenza.
Ispirazione!
La mela proibita, il frutto dell'eterna scrittura.

Il fatto che un articolo venga bene o venga male dipende solo da Sua Maestà: Il Formichiere nelle candide vesti dell'Ispirazione Sovrana.
Con la lunga lingua fatta di racconti e babbucce intrinseca rami di bellezza passate, ignorando nodi filtri che bloccano la fuoriuscita dei pensieri.
Tutto scende, dal mio cervello alle mani, grazie alla Dama in Nero Inchiostro.

Seppia, seppia dei miei mari, chi è degno di imbrattarsi le mani?

Scrivere è un lavoro sporco.
Mi piace terribilmente, dolce come la panna che si mescola con la crema pasticcera, ma è un lavoro sporco.
Del resto anche la crema macchia i vestiti.
Errori grammaticali, frasi piantate a metà, concetti espressi bene nella mia mente e male sul foglio.
Il pericolo è dietro all'angolo.

Nella foresta s'ode lo stridere del ferro. Le scimmie, incuriositi primordiali, si avvicinano caute, allungando le babbuine code.
Cosa rappresenta quell'oggetto allungato, grigio come un ippopotamo, lungo come un coccodrillo e luccicante come il sole?
Il ferro sta alla foresta come un paguro ad una lattina vuota.

Ma Voi, miei pochi ma buonissimi, mai una volta avete alzato la voce. Sempre con uno sguardo carico di fiducia, con una mano fatta solo per carezze e cucina, mi avete fatto notare errori, sbagli clamorosi e pestate, sempre con una parola gentile.
Voi, che oltre a tutto il supporto che mi fornite, mi RINGRAZIATE per quello che faccio.
Ma cosa avete capito, miei cari?

Sono solo un umile scribacchino. Sono io a dovervi ringraziare, perché senza di Voi tutto questo, o almeno buona parte, sarebbe rimasto nella mia testa, imprigionato a vita.
Grazie, duemila volte grazie.

Cappello Rosso

Ogni giorno ispirato deve essere sfruttato fino all'ultima goccia.


CAPPELLO ROSSO

Lasciati lisciare, 
di bambole sostenute.
I protocolli sono rane
dal rosso cappello.
Incespicano,
lavano
termiti
pocciando le mani
in lavandini di terra.

Amate il muflone
e lo gnu.

Ritirate i panni sporchi, 
che domani finisce il mondo.

sabato 2 marzo 2013

Gli Araldi del Formichiere: Walter Moers

Il bambino si avvicina alla corsia dei libri per ragazzi. 
Ha appena dieci anni, ma ha già letto libri per bambini più grandi.
Avido librovoro, sfoglia i volumi con fare curioso, gli occhi marroni che guizzano alla ricerca dell'illuminazione.
E questo cos'è? No, una storia d'amore per bambine... e questo? No, ci sono troppe figure.
Piano piano, ha scartato una buona metà di quello che sta nello scaffale. Tra le mani gli capitano avventure romantiche, romanzetti dalla copertina poco affascinante, cose già lette, avventure banali dalla prima occhiata, finché da una copertina blu fa capolino la testa di un orso, sempre dello stesso colore.
Che strano... proviamo a leggere la prima pagina...

Così ho acquistato il secondo libro più importante della mia vita.
Douglas Adams con la sua Guida Galattica per Autostoppisti mi ha spinto a scrivere, con la sua Propulsione ad Improbabilità Infinita.
Walter Moers, con il suo "Le Tredici Vite e Mezzo del Capitano Orso Blu" mi ha permesso di arrivare al mio primo scritto con una fantasia traboccante di idee. È stato il germoglio della

Non posso spiegarvi a parole il genio di quest'uomo (ancora vivo e vegeto, e spero ancora per tanto tempo), ma posso CONSIGLIARVI CALDAMENTE la lettura dei suoi capolavori.
Con disegni dell'autore.

1) Le Tredici Vite e Mezzo del Capitano Orso Blu
2) Ensel e Krete
3) Rumo e i Prodigi nell'Oscurità
4) La Città dei Libri Sognanti
5) L'Accalappiastreghe
6) Il Labirinto dei Libri Sognanti



La sua creatività non raggiunge limiti.
Scarovana una serie di termini, idee, mostri, con la naturalezza con cui si descriverebbe una giornata di lavoro. Fa sembrare banale la fantasia: e non nel senso che la Fantasia da cui attinge sia banale, ma nel senso che la sua Fantasia rende banale quella di molti altri.
Il suoi libri sono piacevoli, colti, disimpegnati, facili da leggere, ricchi di sfaccettature, limati alla perfezione.
Ogni frase viene sempre calibrata, misurata alla perfezione per non sbavare verso la precedente e la successiva.
Tutto è soppesato, e le descrizioni sono di una ricchezza essenziale (complete, senza mai esagerare) da rendere immediata l'entrata del lettore nel continente di Zamonia.
Una menzione in particolare vorrei farla al traduttore, capace di stare dietro magistralmente all'inventiva di Moers.


Coboldi. Minipirati. Onde parlanti. Bastimenti ferrosi. Gare di bugie. Un tornado gigante. Una città catturata. Un deserto di zucchero. Un'isola carnivora. Dinosauri con gli occhiali. Un professore con sette cervelli. Ciclopi senza testa alti chilometri.


Un vino fatto di incubi. Esseri talmente avanzati da sconfiggere la morte. Una città di nebbia. Il Mondo di Sotto. Un Re, follia incarnata. Un esercito di malattie. Il Teatro della Bella Morte. Città trappola. La sconfitta della morte.


Ciclopi mangialibri. Cacciatori di libri. Una grotta di pelle. Un gigante cieco. Una ferrovia sotterranea. Libri trappola e libri perigliosi. Veleni tattili. Il Re delle Ombre. Un castello di libri. Incendi devastanti. Libri introvabili. Unza (poi ve ne parlo). Una discarica di libri. Libri viventi.


La sua migliore trovata (tra le tante che mi hanno stupito) è quella dell'unza. 
Non tanto nel termine in sé (che è di trovata del traduttore), ma nel concetto che ci sta dietro.
Essa è la forza più importante che uno scrittore possa ricevere: l'illuminazione totale, che porta lo scrittore a comporre passi di inaudita bellezza. Ispirazione allo stato puro.
Non so se mai la troverò: ma dal giorno in cui ne ho sentito parlare, credo fermamente nella sua esistenza.


AL CAPITANO ORSO BLU

Nato da una noce,
intrepido seguace
della via dell'avventura.
Sprazzi di oscurità
nel brillare del giorno.
Sapere è notte!
Sette cervelli, una sola via.
Una città volante,
nel cielo,
fa più luce del Sole.

A RUMO

Il filo d'argento,
retaggio dell'amore,
ti rende un eroe tra un popolo di ignavi.
Un amore immortale.
Armi, sangue, duelli;
storie di castelli
e di scacchi.
L'amore per la spada,
per la vita.
Ed infine, con chi hai cercato,
il prodigio dell'oscurità.

A LIBRANDIA

Catacombe di libri sognanti,
marcescenti pagine,
vermi.
Da Castel Ombrate le urla,
dalla superficie il croccante profumo
della legna.
Tanti
tanti libri.
Accendete il camino,
comprimete il tabacco nella pipa.
Qui la storia ha inizio.

Grazie, Walter. Hai insegnato a un bambino che la Fantasia, come l'Universo, è infinita.

venerdì 1 marzo 2013

Antologia (raccolta di fiori)

Trovare una biblioteca in un libro ha un nome. Si chiama antologia.
E questa è un'antologia di antologie.
Secoli di letteratura in pochi centimetri di frasi.
A voi, miei cari.
La cena è servita.

DEL GABBIANO O DEL RIFIUTO
Catalizzando in  alto mare, guardo sperduto oceani di viltà e polipi, ignorando il savio richiamo del gabbiano.
"L'oceano è bello solo se non lo tocchi."
Pennuti insegnamenti, come nei giorni della scuola dei pulcini.
Non c'è pace per i portatori di ali.

DEL LEONE O DEL MOTIVO
Arringando la folla, ci si sente come leoni arrivati nel paradiso delle zebre.
Ma siamo sicuri che non sia la caccia a saziarci più della preda?

DI EDIPO O DEL CRIPTICO
Catapultami o Sole!
Peccato, peccato! Contro di te, ho peccato!
Tu possa perdonarmi, Popolo di Tebe, santi cittadini dell'avvenire poetico. La distruzione non fermerà ciò che i miei occhi non vedono.

DEL PIRATA O DELL'AMORE
Un pirata mi colse, dal fondo della strada.
Mi mise una coperta sulle spalle e mi offrì un bicchierino di speranza.

DEL DESERTO O DELLA CECITÀ
Secchi i miei occhi.
Al deserto non interessa vedere.

DELLA MUSICA O DELL'ASCOLTARE
"Sappi solo, mio caro allievo, che la musica esce dal cuore, e nel cuore entra. Mai pensare che per la musica servano le orecchie."
Il piccolo sordomuto annui, e i suoi occhi brillavano di note luccicanti e colorate, come canditi in un morbido panettone.

DEL VIAGGIO O DELLA FINE
"<<Mi ha sempre chiesto dove porta questa strada, e ora finalmente te lo potrò raccontare, mia cara.>>
Il suo sorriso era splendente come una promessa di rugiada."
Da Le Ultime esperienze della Vedova di Sale.

DEL RIEMPIRE O DELLO SCRIVERE
"Perché scrivi tutte quelle cose, vecchio rincitrullito?"
La moglie del vecchio scrittore non aveva mai capito.
Il vecchio, chinato sulla pergamena per poterne sentire meglio il profumo alzò lentamente la testa.
Le parole gli uscirono fragili, come di ghiaccio e cartapecora.
"Perché il bianco è più vuoto del nero."

DELLA VITA O DEL VINO
Poteva dire di aver vissuto per la scrittura.
Una vita lunga, attorcigliata e piena di soddisfazioni, come un libro scritto con una penna stilografica.
"Morirò come ho sempre letto: coricato, nel mio letto, in compagnia di un bicchiere di vino e di una pipa di legno d'erica. Non v'è più dolce morte."
E spirò felice, il bicchiere mezzo vuoto e la pipa ancora sulle labbra. Il libro gli cadde dalle ginocchia e si chiuse al suo fianco.

DELL'INFINITO O DELL'IMPOSSIBILE
Aveva dedicato la sua vita al suo libro.
Incompleto, ma nonostante ciò, il libro più lungo mai scritto da qualcuno.
Parlava di guerre, danze, pranzi, uccisioni e matrimoni, passando per i viaggi, i tradimenti, le feste e i mercati.
Civiltà erano nate e crollate tra i suoi capitoli; cattedrali si ergevano e venivano distrutte da rivoluzioni, in un filo conduttore che si stendeva verso l'infinito.
Il libro più lungo di sempre.
Amori, sconfitte, vendemmie; appalti, costruzioni, mobili di legno e intere letterature.
Non era mai riuscito a rileggerlo.
Morì come era sempre vissuto: chino sul suo libro, la penna in mano.
Il bicchiere di vino rosso, forte e torbido, suo compagno e ammiraglio si ruppe quando il braccio esangue lo urtò.
Le gocce scrissero la fine per lui.