venerdì 30 dicembre 2011

Teodoro

Carl aveva un compagno di stanza sociopatico, agorafobico e tifoso dell'Ananas ai campionati di frutta dell'Inverno delle Bolle: Teodoro.
Sconclusionate frasi sarebbero state un passo avanti: neanche la decenza di delirare si concedeva, dando almeno un po' di dialogo a Carl; in silenzio tutto il giorno, mai mosso dalla sua posizione fissa, il parquet mai solcato che si adagiava sotto di lui.

-Da quando viviamo insieme non mi hai mai rivolto la parola, nulla, nemmeno un rutto, mai hai aperto la bocca. A volte non saprei dove collocare la bocca all'interno del tuo viso.-
Per Carl erano state due settimane di fuoco: l'ufficio dove lavorava aveva smesso di produrre barchette lanciandosi negli aeroplanini, e il dibattito più sentito era sul fabbricare modellini già fatti o da assemblare.
I sindacati dopo mesi di protesta planetaria e barricate di scrivanie ed evidenziatori erano giunti ad un salomonico incontro: metà produzione di assemblati e metà da assemblare.
Ognuno così doveva lavorare il doppio per gestire due catene di montaggio, e Carl, addetto ai finestrini (ex addetto agli oblò)era sommerso di plastica trasparente.
La bambagia dei poveri.
-Ti prego, parlami. Ho bisogno di una voce amica, qualcuno che mi conforti o almeno mi faccia compagnia mentre bevo.-
Disse tracannando liquido denso da una grossa bottiglia da discount.
Il fruttosio gli dava alla testa, e il succo di pera aveva su di lui lo stesso effetto dell'alcool.
Spesso sragionava a proposito di lampadine e ferramenta, dopo la quarta bottiglia.
-La mia vita è sempre stata uno schifo. Il lavoro mi ha sempre fatto schifo e mi ha distratto dal collezionare farfalle blu. Il fruttosio mi scorre nelle vene e non posso farne a meno, e Marca mi ha lasciato da quattro anni, chiedendo gli alimenti per il suo cane. Ho pure perso il mio cane.-
Teodoro continuava a rimanere impassibile e statuario, non rispondendo all'amico.
-La mia squadra di bocce è fallita, e io non ho più un hobby. La mia cerniera dei pantaloni si è rotta, mentre il negozio di Riparazioni Cerniere e Oggetti Sacri ha chiuso per bancarotta fraudolenta.-
Le lacrime gli rigarono il viso ubriaco e pieno di rughe, barba a tozzi fili grassi e grezzi, ruvidi al tatto.
Le lacrime zigzagavano per le scavate guance, demolite dai troppi succhi di frutta e dall'onicofagia.
-Mi si è rotto il portatile mentre mandavo il curriculum ad un club di fumatori di pipa e mi hanno rifiutato perché non ho risposto all'avviso sul seminario dell'anice.-
I dolori gli uscivano a fiotti, onde fragorose in un mare disperato e pieno di alghe.
Si mise sulle ossute ginocchia.
-Ti prego parlami, o faccio una pazzia. Ti prego, sto per esplodere.-
Nemmeno un ghigno di crudeltà rivelò Teodoro.
Nemmeno quello.

I Vigili del Fumo lo trovarono in un parchetto, mentre tentava di adescare gattini ad una vendita di beneficenza in favore dei figli dei topi uccisi dai felini.
Delirava sul fruttosio, il saccarosio e su canarini, che tanto gli ricordavano una lampadina.
Il suo ultimo pensiero, prima di essere caricato sulla camionetta dalle Polizia, andò al suo lampadario, Teodoro, e alla sua freddezza.

mercoledì 28 dicembre 2011

Pinguinando in bicicletta

Immaginate un mondo abitato solamente da pinguini.
Nella teorie degli Universi Infiniti (supportata dal celebre topo bianco Marrasdurak) è assolutamente certo che esista un pianeta abitato solamente da essi.
Ieri pomeriggio ho pensato intensamente ad esso e a come debba presentarsi.

E' un mondo estremamente lento.
Avete presente come cammina un pinguino?
Con quel paffuto camminare ondeggiante e goffo, non si va da nessuna parte.
I pinguini si sentono il mercoledì per mettersi d'accordo sul fine settimana.
Per andare a vedere la partita allo stadio la domenica, quelli più vicini cominciano a vestirsi al sabato.
D'inverno è però tutta un'altra storia.
Al contrario di noi i pinguini trascorrono le vacanze invernali in città: questo perché scendere a valle dalle montagne è molto più veloce che salire, in caso di ghiaccio.

Sfrecciano neri aghi per i pendii, e chi si ferma riparte.

Al che ho pensato che deve esistere un mezzo che i pinguini possano utilizzare per muoversi più velocemente.
La macchina non possono usarla, poiché non posseggono un corpo atto alla seduta.
Per la moto vale lo stesso discorso: non hanno le gambe, solo tozzi arti, grassi e coccolosi che gli permettono a malapena di avanzare.
Il seg-way!
E' un mezzo che non richiede uso di gambe.
Già ero pronto ad abbandonarmi alla visione di frotte fischiettanti di pinguini sulle bighe elettriche, cantando jingles natalizi e sfottendosi violentemente.

Chissà come si dice "chi cazzo ti ha dato la patente" nella lingua dei pinguini...

Ma il dubbio era dietro l'angolo, mascherato da gelato alla panna (al posto di "alla" avevo scritto "ala": stupidi lapsus).
Per avere dei seg-way bisogna costruirli: e i pinguini non hanno mani, solo pinne buone a un cazzo, in termini meccanici.
E prima di tutto bisogna disegnarle: ma per questo il problema non sussiste, hanno delle lavagne touch assai avanzate.
Ma come le hanno fabbricate?
I dubbi sbucano da dietro all'angolo, di tutti i gusti, sporcandomi la maglietta e i pantaloni, e distraendomi dal mio vero compito.

Per un attimo ho pensato che l'impossibilità di descrivere una società avanzata formata da pinguini bastasse a demolire la teoria degli Universi Infiniti.

Rinsavendo mi sono accorto della cavolata.
Esiste sicuramente una società avanzata di pinguini da qualche parte nell'Universo (nostro o altrui).
Ne sono certo.

Tintinnare di plastica in giro per la città: le salite non sono più un problema, e il pinguino accelera lo stile di vita.
Per andare al pub gli basta mezz'ora, e al ritorno è ubriaco, perché era abituato a camminare e smaltire.
Cominciano gli incidenti, sempre peggiori, con sempre più morti.
La mortalità sulle strade aumenta e i pinguini muoiono a decine schiacciati dalle loro bighe.
Lo stress arriva a Pinguinolandia, abbracciando tutti nel suo petto soffocante ed eliminando la calma e la cortesia.

Mirco, bambino pinguino, è nato dopo la scoperta del seg-way, e dunque in una Pinguinolandia ricca di rabbia e traboccante di schiuma.
Prende il suo seg-way versione cucciolo e lo butta nella spazzatura.
-Mamma faccio tardi- è la sua telefonata.

martedì 27 dicembre 2011

Storia di Natale

Erano ormai diversi giorni che il popolo degli elfi natalizi resisteva ai continui attacchi degli eserciti comandati dalla regina della Svervegia. 
Ormai Gesù (Generale delle forze elfiche) cominciava a perdere le speranze di una vittoria e decise di istituire una riunione delle maggiori autorità militanti elfiche per sferrare una disperata controffensiva. La guerra andava avanti da tempo immemore... due settimane lunghe e logoranti (forse per voi umani non è molto, ma l'arco di vita medio di un elfo natalizio è di circa due giorni, quindi facendo 2 conti erano 7 generazioni circa che si combatteva) e Gesù voleva porre fine a questa disputa il giorno del suo compleanno, così da poter festeggiare a dovere; a Gesù piaceva molto festeggiare.
Molto. 
I capi militanti radunati di gran corsa erano cinque, i più mitici e leggendari figuri del tempo: il pirata Giandomenico; l'AntEater, così famoso e temerario da avere una storia tutta sua sempre in questo blog; Pietro; Lord Taleggio di Winterhorn, il legittimo topo erede al trono della Svervegia, andato in esilio e divenuto ramingo; e poi Gesù. 
La riunione ebbe inizio alle 00:00 e Gesù aveva intenzione di sferrare l'attacco per le prime luci dell'alba, dunque non aveva molto tempo e inizio a parlare <<Ordunque fidati miei amici et conoscenti, non tergiverserò, arriberò lesto al dunqu: ordii codesto concilio al fine di annunziarvi che al sorgere del sole intendo dar pugna a quella masnada di stolti quali sono le militie di Vostra Altezza Madama della Svervegia, confido nel vostro sostegno et ausilio >> (a Gesù piaceva parlare aulico e antiquato, lo faceva sentire importante). 
Allorchè rispose l'AntEater a nome di tutti: infatti il rispetto nei suoi confronti era tale da consentirgli di parlare a nome dell'intero concilio.
<<Gesù io appoggio la tua proposta, gli elfi natalizi non ne possono più di combattere e poi abbiamo tutti voglia di una festa post vittoria portatrice di degrado e ignoranza terapeutica, e il tuo compleanno cade a fagiuolo!>> 
Gesù rispose <<Ordunque è deciso! permane un ultimo inghippo: Vostra Altezza Madama della Svervegia vanta note arti di stregoneria e lungi dalla pugna ella scaglierà sortilegi avversi alle nostre truppe, dunque un baldo tra noi cinque dovrà comandare il magno vascello volante così da abbrustolire la ribalda dall'alto, propongo per questo compito l'impavido lupo di mare Pietro! te la senti di adempire a questo compito?>> 
Pietro rispose <<Si!>>. 
Allora si radunarono tutte le truppe in gran fretta e gli elfi furono schierati, se ne contavano diecimila, un numero ragguardevole oserei dire. 
Allorchè Gesù, allo fianco de lo suo fido scudiero Natal Babbo, spronando lo fiero destrier Sauro, esortò i fanti et la cavalleria tuonando <<PER POLLUCE! ALLA PUGNA!!!>> 
L'esercito elfico natalizio attaccò le schiere della Regina della Svervegia, costituite per la maggior parte da piccoli popoli ed entità male, esseri devoti alla guerra, sostenuti dai sortilegi della strega e maggiori numericamente rispetto agli elfi, la sconfitta sembrava ormai certa per gli eserciti elfico natalizi e la festa di compleanno di Gesù pareva essere destinata a rimanere solo un sogno. 
Ma quando tutte le speranze pareano dissolversi il magno vascello arrivò alle spalle della Regina della Svervegia, da lì vi scese il valoroso Pietro e guardando la Regina negl'occhi disse <<Soggiaci all'ira del mio brando!>> così le staccò di netto le gambe, e scortole il tubero con un'occhiata di malizia la decapitò. 
La guerra si concluse con la vittoria elfica natalizia e Gesù organizzò una grande festa, alla quale tenne un breve discorso per elargire i suoi migliori auguri a Lord Taleggio di Winterhorn risalito sul trono e per congratularsi con Pietro, iniziò dicendo: <<Amici, abbiamo avuto la nostra rivalsa verace! Abbiamo sconfitto la gaglioffa Vostra Altezza Madama della Svervegia! E' d'uopo fare i migliori auguri al neo Re Taleggio, signore di tutti i formaggi e ringraziare Pietro, a cui dono a nome di tutto il Reame il tubero d'oro della gaglioffa Vostra Altezza della Svervegia: possa tu farne buon uso!>> 
Pietro rispose <<Grazie!>> e Gesù concluse <<Ma ora, bando alle burle! Giubiliamo! E' d'uopo festeggiare! Andiamo a copulare! E con celerità per non mancare il momento della torta!>> tutti applaudirono e si procedette con la festa, che per la cronaca non fu poi niente di che, ma dato che gli elfi natalizi erano sette generazioni che non festeggiavano la reputarono l'evento più giuocoso e giubilante mai avvenuto e ne cantarono ballate e poemi per circa 10 generazioni ancora!

Francesco CapitanSalati

sabato 24 dicembre 2011

Buon Natale

Zenzero sui vestiti di chi vuole solamente pitturare l’anno: Buon Natale!
Luci accese in ogni foca, pinguini ammantati che scambiano sorrisi per doni e balocchi.
E’ un tripudio di balocchi, balocchi, balocchi.
Marionette false che si aggirano per Chiese, facendosi vedere da Dio solo all’ultimo momento: che simpatia!

Saltano i folletti dentro ai panettoni,
mangiandosi i canditi e leccando i torroni;
così vengono i bloccanti raffreddori,
birichini i folletti che avvelenano i Pandori!

Bambini con occhi a palla che osservano sfere colorate sbavando per un gioco e per ciò che ti presenta: plastic oso imballaggio, l’orgasmo del Natale è aprire il pacco, e sognare che sia in apribile, assaporando fino all’ultimo il sussulto della carta e dell’imballaggio.

Coppie che parlottano nei vicoli, sorridendo alle sventure più nere, si salutano gli abbracci e si abbracciano i baci; i saluti si baciano, creando un cerchi chiamato dal volgo Ghirlanda.
Agosi profumi diffondono la loro essenza carnale nei vicoletti tanto osservati e mai comprati che accarezzano gli alberi della città mai spenta.
Ovunque bambini zuccherati imballati in blu cartacce si spostano pinguinosamente, sprigionando il gusto che si attribuirebbe al freddo sciolto dal camino.
Fumo di sigari diversi, natalizi, esce dai camini della contrada rossa, dove Sua Santità la Ghirlanda e l’Albero, magico e con l’alone della solitudine voluta, comandano in pacifica contraddizione.

L’archè è l’albero, non la religione: essa è fonte di differenze, e dunque, non adatta alla bellezza del momento.

Buon Natale, la festa che libera tutto ciò che di solito teniamo dentro, e che ci permette di abbracciare gli altri col sorriso serpentino.

giovedì 15 dicembre 2011

La Battaglia del Lago delle Pulci

Il Koala, al comando dell'esercito di Giganti, si arrampicò sul suo Luogotenente, per poter osservare al meglio la situazione.
I suoi soldati stavano distruggendo la Foresta delle Manguste, stando attenti però a non rompere né i pettini che stavano sugli alberi, né le piccole formiche che vivevano dentro di essi.
I primi venivano posti in grandi carri, che sarebbero poi stati mandati al Palazzo Imperiale, insieme alle seconde, messe in sacchetti pieni di aromi e erbette saporite.
L'Imperatore era infatti il Formichiere, Re dei Cieli, della Terra ma soprattutto dell'Ikea, conquistata dopo lunghe battaglie contro il Regno dei Castori gialli, e i pettini servivano per la sua folta coda, mentre le formiche erano ovviamente il suo pasto.

Il Generale Koala stava sgranocchiando un occhio di Liocorno, stando bene attento a non mordere per sbaglio l'iride, assai velenosa.
Il lavoro procedeva bene, anche se nell'aria si respirava uno strano aroma dolciastro, che stonava con le note salate e fresche umide della Foresta delle Manguste, nota per l'insalata e il muschio bollito.
Il Koala mosse quel tartufo che aveva al posto del naso, cercando di separare l'aroma di brodo della vegetazione da quella nuova fonte olfattiva.
Venne distratto dal Gigante che cavalcava, mossosi bruscamente per non pestare un barattolo di sugo.
Tornò alla pista olfattiva, escludendo la pasta e le foglie di basilico dalla sua mente.
"Questo odore l'ho già annusato, forse quando avevo messo il naso in quel nasoso cesto di nasi di nasiche che nasamente erano state poste nel naso di un Gigante... no, impossibile, quelli odoravano di fragole. Aspetta... è cannella!"
Iniziò a tremare vistosamente, il pelo che ricordava lo schermo di una televisione appena accesa.
-Che succed General?-
I Giganti parlano molto male, lo so, quasi come quella capra che l'altro giorno al mercato mia mamma rubò.
-Sentite questo odore, Luogotenente?- chiese il Koala al sottoposto, proprio nel senso di posto sotto.
-Ora non pù- rispose il Gigante, staccandosi il naso e buttandolo in una tana di Elfi del Ragù.
Il Koala ponderò un  attimo.
Poi, con un ampio gesto della mano...
-Non ci pensare!- sbraitò il suo naso.
Il Koala rimise nel sacco la sua malsana idea.
Pigramente si grattò la testa.
Il suo cervello gli bussò cortesemente.
-Avanti- rispose il Koala, gentilmente.
-Avrei da ricordarti che hai annusato della cannella poco fa- gli disse con garbo il cervello.
-Oh grazie me l'ero dimenticato- rispose sorridendo il Koala.
Il sorriso sparì subito, sostituito da un cieco terrore che fece sbattere il Gigante contro un albero, attirando le ire dei pettini e delle formiche.
Cannella.
La cannella era un segno inequivocabile di... Peluche!
Dalla Foresta, tutto intorno ai Giganti, sbucarono orsacchiotti di pezza della miglior fattura, assaltando la truppa del Koala.

I Peluche erano i nemici giurati del Formichiere: essi si credevano più pelososi della sua coda, mandandolo in bestia.
Da anni si combatteva una guerra senza frontiere tra le due nazioni, senza che un vincitore riuscisse ad avere la meglio: i Peluche avevano investimenti tedeschi nella produzione, e le aziende che li producevano erano a prova di fallimento.

I Giganti ingaggiarono un violento combattimento con le palle di pelo, che, incuranti delle perdite, si lanciavano negli occhi dei nemici, costringendoli alla fuga verso il Lago delle Pulci (così chiamato perché comprato usato).
I Giganti ancora dotati di vista squarciavano con le possenti mani gli orsacchiotti, disperdendo ovunque peli sintetici ed imbottitura.
Il Caporsacchiotto prese lo slancio, caricando con una grossa accetta magica la cavalcatura del Koala.
Incurante del rischio, il Generale scese dalla schiena, e estrasse dalla fondina la sua pistola ad acqua.
-Imbecilli! Ripiegate verso il Lago delle Pulci, così da caricare le vostre armi ad acqua!- sbraitò, mentre il Caporsacchiotto veniva sopraffatto dalla massa d'acqua, che gli rendeva impossibile ogni movimento.
I Giganti sbucarono nella radura che ospitava il Lago, iniziando a lanciare Peluche nell'acqua, lasciandoli ad una morte terribile ed inevitabile per annegamento.
I caduti erano talmente numerosi che per terra si era formato uno spesso strato di cotone; moribondi, con batuffoli che fuoriuscivano dalle ferite, si gettavano nel Lago per accelerare 'agonia.
La morte del Caporsacchiotto gettò nella disperazione i pochi Peluche sopravvissuti, che, camminando nell'imbottitura dei loro stessi compagni, fuggivano piangendo, inseguiti dai Giganti, impietosi, che sparavano potenti getti d'acqua.
Il Koala, stremato, diede un calcio a un moribondo, che perdeva batuffoli in gran quantità da una scucitura profonda.
-Dimmi dov'è la vostra fabbrica più vicina- chiese il Koala -oppure rallenterò la tua agonia.
-Hasta la peluria siempre!- rispose a denti stretti il Peluche.
Il Koala ripeté due volte ancora la richiesta.
Poi, fattosi passare ago e filo, chiuse in parte la ferita, condannandolo ad una notte di agonia.
-Ripartiamo! Domani dovremmo consegnare almeno un migliaio di pettini!-
I Giganti ripresero la loro marcia, mentre la Foresta delle Manguste ascoltava il lamento doloroso dell'orsacchiotto morente.


lunedì 12 dicembre 2011

"Siamo sicuri che sia un piacere leggerlo?"

“La letteratura dell'Assurdo, invece, è scrittura senza pensieri, libero flusso di pensieri che non deve per forza avere un filo logico, e non deve per forza essere letta.”
Un bello spunto da cui partire, una bella riflessione da cui cominciare un bel dibattito che magari avrà un seguito, magari sì, magari verrà scritto da un Gorilla.
Per analizzare al meglio la questione conviene dare inizio alla spulciatura della frase, che solleverà molti “oh ma che pignolo, mi ricorda un ippoceronte!” e cose del genere.

La prima affermazione parte però da un presupposto sbagliato, ed è molto probabilmente colpa mia: l’assenza di pensieri come base della Letteratura dell’Assurdo.
Nel Manifesto della Letteratura dell’Assurdo ho effettivamente posto una frase tendenziosa, figlia del turbinio frullato della mia mente: “Che bello non pensare, ma lasciar fluire il corso delle cose semplici complesse ordinarie”.
Il “non pensare” descritto in questa frangia (come quelle delle giacche da cowboy) intende in realtà qualcosa di diverso, cioè l’assenza di un freno che controlli la libertà di pensiero, in altre parole come ho detto dopo “lasciar fluire il corso delle cose”.
Quindi la componente del pensiero è molto presente nella Letteratura dell’Assurdo: diciamo che si presenta sotto diversa forma, eliminando i filtri imposti dal colino della Convenzione.

“Libero flusso di pensieri che non deve per forza avere un filo logico” invece è una frase assolutamente esatta, come le squame di una biscia, le celle dell’alveare o il muso di un delfino.
Flusso è addirittura la stessa parola utilizzata nel Manifesto, e non poteva essere affermazione più esatta.

Il punto nevralgico della discussione è un altro.
“E non deve per forza essere letta.”
Nulla deve essere letto per forza, siamo d’accordo, ma è una critica umile e ben poco salda, come una lucertolina che pigola.
Assumendo che ciascuno legge ciò che vuole, dalla rivista sulle scimmie ai libroni millenari sulle dinamiche che hanno portato al governo della Papuasia una compagine di Goblin, il punto cardine passa per la soggettività.
Ognuno ha la propria concezione di Letteratura; ognuno ha la propria concezione di Assurdo.
Tutto questo porta ad un calcolo di possibilità che va ben oltre le mie competenze matematiche, anche perché essendo la Matematica la forma più pura di Convenzione non caverebbe una scimmia dal nido.
Ad esempio chi ha fatto partire questa riflessione scrive affinché un giorno qualcuno possa leggere i suoi scritti.
Io scrivo per scrivere: il termine più appropriato sarebbe “dar aria alle mani”.
Amo la Letteratura dell’Assurdo, e sinceramente punto ben poco ad una lettura da parte di terzi,anche perché la maggior parte della mia opera è dentro al mio quaderno, e lì resterà per sempre.
Ma sono punti di vista!
E dunque, sì, non deve essere letta per forza.
Ma la domanda di partenza è un’altra (rivelazione in ritardo, lo so, ma non voglio tornare su con quella fastidiosa rotellina che ha ucciso il mio mouse con un colpo alle spalle, bestia), che appunto, vi rivelo ora.

“Abbiamo appurato che possa essere un piacere scrivere Assurdo. Ma siamo sicuri che sia un piacere anche leggerlo?”
La portata di questa domanda è incommensurabile, come un serpente che si snoda intorno ad una grande città: bello, sinuoso e tortuoso, sicuro, ma lungo da seguire tutto.
Eppure è così semplice… è soggettivo.
A qualcuno piace ad altri no (non ai rinoceronti ad esempio), non ci possiamo fare nulla.
La Letteratura dell'Assurdo mette a nudo la totalità dei nostri pensieri (o, perlomeno, tenta di farlo), mentre la Convenzione li lima, li liscia e li imparrucca, mostrando quello che ESSA vuole mostrare.
Ma sono sempre idee soggettive quelle che espongo: la lettura o meno di qualcosa deve dipendere dalla nostra persona ("o dalla nostra scimmia" direbbe un mandrillo, pignolo per davvero), e il divertirsi o meno nella lettura di qualunque cosa dipende dall'abilità dello scrittore (nella Convenzione) o nella bellezza dei pensieri di chi scrive Assurdo.
Solo di una cosa sono sicuro: che leggendo l’Assurdo di una persona, si legge il fiume dei suoi pensieri, e dentro, a volte, ci sono sassi che luccicano, e pesci colorati e pingui che scodinzolano come variopinte palle, piene di birra piena, dolce e morbida.

domenica 11 dicembre 2011

La Domenica Mattina

Incipriandomi il cuscino, ho notato una Gazzella alla porte che da sul retro del mio secondo piano, proprio a destra della mia vasca da bagno per camaleonti (con i loro occhi a cono e la lungua linga lingua lunga che si attacca per il bianco sciabordio della ceramica, immagine poetica ma se uno ci pensa bene anche caramellosa).
Aprendo la porta me la sono vista entrare in fretta e furia nel salotto, non sapendo cosa fare: la domenica mattina amo appoltronarmi davanti al computer, pensando al più, al meno e al gelato (sì, anche d'inverno), e una Gazzella che bussa dal secondo piano di un condominio in pieno centro non è certo una cosa da tutti i giorni.
L'ho fatta sedere sul divano e ho cercato di farle tante domande, a cui però non rispondeva.
Allora le ho chiesto se per caso una di questa domande l'avesse offesa (tutti sappiamo che le Gazzelle sono molto permalose, e se la tirano anche parecchio per la loro leggiadria di muscoli e corna e polvere), ma anche a quella domanda non ha risposto.
Stavo cominciando ad irritarmi, e allo stesso tempo evitavo di insultarla pensando al fatto che prima o poi un leone (o, dato che il Formichiere è già passato, anche una leonessa) se la sarebbe pappata.
Ho pensato di farle fare un giro della casa: sgranchirmi le gambe mi avrebbe fatto bene.
-Questa è la cucina, questo è lo sgabuzzino, questo è l'altro bagno (non quello da cui sei entrata), questa la camera dei miei e questa la mia- le faccio, cercando di dimostrarmi orgoglioso delle stuff  che sbucando dai barattoli degli yogurt si seminano per la casa, e che accumulo disponendoli in piramidi da supermercato o in colonne divise per traffico. 
Vedendo la mia scrivania, si incuriosisce e si avvicina al computer.
E' uno strano spettacolo quello di una Gazzella che usa un Touchpad con gli zoccoli, ma riusciva perfettamente nel suo compito.
Avevo lasciato aperta la pagina di Absurd is the Way!, casualmente,e ho visto la Gazzella molto interessata a quello che scrivevo.
Ha letto tutto, dal primo articolo all'ultimo, e finalmente si era decisa a parlare!
Non mi ha dato la spiegazione della sua visita, ma ha iniziato a chiedermi di tutto sulla Letteratura dell'Assurdo.
Io ho cercato di spiegarle che non l'ho inventata io, che forse altra gente ha avuto la mia idea, e forse è più bella, ma non ha sentito ragioni.
-Tu sei uno che scrive quello che vuole, senza bozze, correzioni e aggiunte di conservanti e dolcificanti. Tu scrivi le cose come per te stanno, come tu le vedi, come le percepisci e come pensi che vadano fatte. Ed è una buona cosa.-
Io ero sempre più in difficoltà: per me la Letteratura dell'Assurdo non è che un esercizio poetico, puro piacere intellettuale; che non penso e a volte magari vengono anche fuori delle cagate (passatemi il termine).
La Gazzella mi guarda con occhi caprini, sbattendo incredula le palpebre.
-Non capisci la portata dell'Assurdo? Esso è tutto ciò che ti serve per scrivere: la Convenzione è puro esercizio. Nella vita per imparare qualcosa si parte da quella più facile e poi si va verso quella più difficile; allo stesso modo la Convenzione è la base, mentre l'Assurdo è tutto ciò che sta a un centimetro dalla base fino alla vetta.- mi fa lei.
-Continua a salire: raggiungerai la vetta.-
Poi, come era comparsa, ha aperto la finestra della mia camera ed è salita sulla montagna enorme che si era materializzata tra il mio palazzo e quello di fronte.
L'ho guardata saltellare come uno Stambecco sui pinnacoli di marmellata e di crema pasticciera, tuffandosi nel cioccolato ed elevandosi verso i cocktail di gamberi, ultimo gradino che riuscivo a vedere della Montagna dell'Assurdo.
Poi la montagna si è trasformata in una pallina di luce, che, sospesa nella fresca aria del mattino, si è avvicinata a me.
Profumava di sabato pomeriggio, e di nebbia, e di insormontabili bellezze culinarie, e di Formichieri, e di verde e di pino.
Poi la sfera tonda e cremosa mi ha baciato, lasciandomi un tremito dolce e caldo per tutto il corpo, e se n'è andata, verso il cielo di sogni e di alberi gialli di cui mi sono, ora, perdutamente innamorato.

venerdì 9 dicembre 2011

La Bellezza (4)

Continuando la discussione che da lungo si protrae togliendo tempo alle bertucce e ai caimani che vogliono uscire dalla mia testa come aragoste dal mare bollente, ripartiamo dal fatto che l’Assurdo e soggettivo.
La definizione di Assurdo deve essere infatti data da ognuno di noi, e varia da istante a istante: come avete visto nell’articolo precedente nel giro di una birra ho cambiato la definizione.

Anche se “giro di birra” non so se è valido come unità di tempo: dipende se uno è a casa oppure al pub, e dipende dal tipo di birra, e dalle condizioni in cui ci si avvicina ad essa.
E ovviamente dalle dimensioni della birra, e dalla gradazione alcolica.
Diciamo che per cambiare la definizione di Assurdo basta il tempo che la lingua di un serpente impiega che entrare e uscire dalle velenose fauci molli e bianche.
Riprendiamo.

In un battito di lingua di serpente la definizione di Assurdo cambia i suoi connotati, la sua struttura: essa è variabile nel tempo, e lo stesso concetto si applica a tutte le definizioni che partono dall’Assurdo.
Se la Convenzione fissa nel vocabolario la definizione di una parola, pensando che essa abbia una definizione stabile nel tempo: l’Assurdo non spreca fiumi di vuote espressioni per parlare di qualcosa che tra qualche minuto, per l’osservatore, avrà cambiato radicalmente la sua implementazione nel mondo naturale.
Ogni persona vede le cose in maniera differente: i vocabolari andrebbero gettati dalle finestre, lasciando all’uomo il pensiero della definizione temporanea che più si attiene alla sua volontà e a quella dell’oggetto.

L’Assurdo è dunque soggettivo, come parecchie altre cose.
In particolare come la Bellezza.
Si potrebbe dunque affermare che Bellezza e Assurdo siano la stessa cosa?
Che coincidano come le macchie di un leopardo o come due birre?
O come due uncini nei cartoni dei pirati?
L’ultimo capitolo si concentrerà dunque sulla coincidenza tra Bellezza e Assurdo, calcando la biro sul foglio per spremere la vera natura del mondo tondo.

giovedì 8 dicembre 2011

La Religione di una Scimmia

Spesso mi sono interrogato sulla scimmia.
Ma non sulla scimmia in sé, pura essenza del peloso bercìo, ma sulla scimmia come uomo.
O meglio, della parte, sicuramente insita nelle scimmie, dalla quale è partita le razza umana.
L'operazione potrebbe essere tentata attraverso un approccio che ad esclusione elencherebbe tutto ciò che non abbiamo preso da questo nobile animale.
Si partirebbe di sicuro dall'alluce opponibile, grave rimpianto dell'uomo moderno, per arrivare alla passione per le formiche e gli insetti, forzatura già descritta ne "L'Elogio del Formichiere".
Il lavoro, per quanto potrebbe apparire stimolante (guardar le scimmie è sì soave e gustoso sollazzo!), ma lungo, ed estremamente incerto.
Tanto incerto che tirare a bocciare da più sicurezze: e questo ci porta ad un secondo approccio, cioè quello di andare a caso, a tentoni, a casaccio, alla carlona, d'ignoranza, senza aver alcun minimo sentimento di dignità scientifica.


Dunque quella parte che maggiormente si è sviluppata dalla scimmia all'uomo, calcolando movimenti di astri empiricamente fermi nel nulla più blu.... la scimmia ci ha donato l'intelletto.
La ragione, il raziocinio, la voglia di banane e la Sacra Tradizione Atavica dello scassare le palle.
Quindi la scimmia era dotata di intelletto, e questo per forza di cose: come avremmo fatto ad ereditarlo altrimenti?
Stando al contrario, noi adesso potremmo avere delle pantofole al posto delle mani e delle poltrone ai posto dei piedi (di quelle di pelle marrone, piene di polveri e di rammentavo).
La scimmia era dunque dotata di un certo livello di intelligenza, tale da permetterle di scaccolarsi il naso con precisione e di desiderare ardentemente le banane; inoltre prendevano in giro rinoceronti, e, malauguratamente, formichieri.


Tutto ciò doveva essere per forza regolato da qualche tipo di legge, e ne esistono di tre tipi: naturale, religiosa, sociale (e quelle dei lamantini, ma adesso siamo a pettinare le scimmie e non possiamo pensare a cose serie).


Di sicuro non erano sociali, altrimenti ora saremmo a parlare del'Antica Civiltà delle scimmie di Sua Maestà il Re Scimmia.


E di sicuro non erano naturali, perché di solito (e particolarmente nelle scimmie scimmie scimmie scimmie, che bello dire scimmie) l'intelletto elimina le pulsioni ferine, animaleschi residui di una lontana Utopia dove tutto era puro istinto animale, e i vermi sbranavano i lupi (cit.), e dunque il legame più profondo con la natura.


Allora dovevano essere per forza religiose, e la scoperta è sconvolgente come un ananas a forma di tavolo.
Chi afferma che le scimmie non dovevano essere regolate da leggi sbaglia di grosso, e le sue idee non verranno tutelate: questo è il volere del Re Scimmia, Signore dei Berzè, dei Panzè e delle Scimmie tutte.
Provate a immaginare un fottio di scimmie accalcate in una ressa da Bolgia, dove arti di scimmie e ri-scimmie si moltiplicano senza sosta nella palla pelosa.
Non doveva essere un bel mondo.


So the Monkeys must have a sort of Religion, o Wow! That's awesome, MyLord.


Leggi religiose.
Avevano dunque una religione.
Ma di che tipo di religione si para quando si parla di scimmie, piene di sorprese, a volte anche per loro, così misteriose eppure conosciute?
Perché i Maya avevano indovinato che la scimmia era così leggiadra nella Compagnia dell'Anello, mentre si fumavano erba pipa e saltellavano sul cappello di Gandalf il Grigio (come tutti ben sanno il bianco non ha il cappello), e che essa era l'ingrediente principale della peperonata?


Tutto questo richiama una religione più vecchia del Brasile stesso, più del più vecchio dei pinguini più vecchi, ma non vecchia come lo spirito ribelle del Formichiere Primordiale.


Quando si parla di religione si parla di qualcosa in cui si crede fermamente, qualcosa in cui viene riposta la nostra fede, e che molto molto molto spesso parla di una vita dopo la morte in un bene assoluto, bianco e pulito, fresco come le salviette dell'ospedale.
Qualcosa in cui viene riposto il bene futuro dell comunità tutta.


Facciamo un piccolo riassunto:
-il piccolo Timmy viene salvato dal vecchio Scrooge;
-le scimmie sono nostri antenati;
-le scimmie ci hanno donato l'intelletto, o meglio, ce lo siamo presi senza chiedere permesso;
-ogni intelletto deve essere regolato da leggi, altrimenti sprofonda nella mer nel Caos più marrone nero e tremebondo;
-le scimmie avevano dunque un sistema di leggi basate sulla religione, perché esse non potevano essere basate sulla società o sulla natura;
-tale religione puntava ad un'età in cui le scimmie avrebbero regnato sul mondo intero.


La conclusione su quale sia la religione delle scimmie è dunque evidente: l'Evoluzionismo.
Il Grande Messia Charles Darwin, che come tutti ben sanno era una scimmia (vedi foto), ha poi raggruppato tutte queste leggi in un unico Libro Sacro, rendendo imperiture nel tempo le leggi delle scimmie, e il loro spirito indipendente e fiero.


Le scimmie credono nell'Evoluzionismo, povere scicche: tutti sappiamo bene che l'unica teoria dell'origine delle specie degna di questo nome è la teoria del Formichiere Primordiale: ma questa è un'altra storia, e se fate i bravi forse un giorno ve la dipingerò sulla facciata della casa, riproducendo l'estasi creativa della Santa Coda a Swiffer.

domenica 4 dicembre 2011

La Bellezza (3)

Addentriamoci nel discorso, con un occhio di riguardo alle scimmiette che ci osservano dalla finestra, ridacchiando e indicando il rinoceronte che è in noi.
Dalla Bellezza deriva direttamente la Perfezione, poiché se qualcosa è bello, allora può essere perfetto.
Non esiste il perfettamente brutto, oppure il perfettamente schifoso, il mostro perfetto, ecc ecc.
Il Formichiere è perfetto, ed è bellissimo.
Una tazza di trenini è stupenda, una cupoftea è così bello da dire che è perfetto.
Tutti i vocaboli belli da pronunciare hanno una loro perfezione.
Dunque una frase composta solo da essi è perfetta, se disposti nel giusto ordine.

Bambagia pigiata in posate pappardelle, senza mappatura o pimpanti pampini di malleoli, tondi usucapioni e barbagianni di velluto vaporoso.

La Perfezione è dentro alla Bellezza.
La Perfezione non è di questo mondo e dunque non appartiene alla Convenzione; quindi per forza deve appartenere all’Assurdo.
Dunque la Perfezione è dentro alla Bellezza e dentro all’Assurdo; ma la Bellezza è dentro all’Assurdo o è un’altra cosa, al di fuori della mia visione biforcuta dell’Universo?
L’Assurdo deve dunque essere definito.
Proverò ora a comprimere in poche righe tutto quello che barrisce nella mia mente, quando la parola Assurdo, come una fragola verde, mi assale da dietro al vicolo della Convenzione.

Assurdo: Maratoneta instancabile che percorre con le sue pelose zampe un oceano di crema, mentre gli intelletti applaudono la vita e la bellezza di un campione di villosità.

La parola bellezza rientra nella mia definizione di assurdo.
Riproviamo con un’altra definizione.

Assurdo: cornucopia di cavalieri erranti, raminghi e pingui elefanti, peluche incantati che si dirigono verso le steppe del kiwi e della macedonia.

L’immagine della questione mi sembra abbastanza bella, poetica, stimolante e divertente.
Per quanto mi riguarda la conclusione può essere una soltanto: la Bellezza deriva dall’Assurdo, poiché esso spingendosi al di fuori della Convenzione può permettersi di eliminare ogni componente di bruttezza, prendendo la forma più pura di ogni cosa ed elevandola agli strati più alti della torta.
Ma tramite questo discorso si giunge ad un nuovo bivio: l’Assurdo è oggettivo oppure diverso per tutti?

Ogni giorno questa giungla si amplia, mettendo a nudo pesci che fino al giorno prima parevano estinti, mentre ora compaiono su uno sfondo grigio, invitando ad osservare l'arcobaleno in ognuna delle sue squame.


Elogio del Formichiere

Sospendendo un attimo riflessioni filosofiche complicate et assai sollazzanti, mi dedicherò ad un qualcosa di leggermente diverso, per oggi.


Anteater è il suo nome, formichiere se lo si vuole descrivere in italiano.
Perfino Dalì, padre del Surrealismo, lo utilizzò per una dei suoi bizzarri colpi di genio, così genuini, assurdi e degni di un album fotografico.
Già a livello fisico questo peloso animale, con quella coda che sembra uscita dalla fantasia erotica di una casalinga su uno Swiffer, le zampe che ricordano grassi Moon Boot con le extension, non è da poco!
Altro che foche, giraffe e cammelli, qui si parla di roba seria, il top dei top.
Un giorno un formichiere, che passeggiava nella savana, prese da parte il leone e molto amichevolmente gli strappò la criniera, per fargli capire chi comandava.
In quel momento nacquero le leonesse.
Andando avanti passò di fianco all'ippopotamo, dalla bocca larghissima, e lo prese in giro perché aveva una boccuccia piiiiiccola piiiiiccola.
Allora, senza scomporsi, il formichiere prese un vaso lungo e stresso, ci mise dentro la zuppa e lo spaccò in fronte all'ippopotamo.
Il bernoccolo che gli spuntò fece nascere, dopo una notte di passione con una cavalla, un rinoceronte e un unicorno.
Andando ancora avanti, incontrò le scimmie (pronunciatelo bene, scivolando su sci e calcando bene su mmie), bercianti esseri di cui l'uomo è una caricatura, che lo prendevano in giro perché camminava a pugni chiusi, mangiando insetti con la lingua lunga, monoforcuta.
Allora il lingua lunga, amichevolmente, prese quei quattro scimpanzé e li picchiò talmente forte che da quel giorno gli scimpanzé si arrabattano con bastoni e canne dell'acqua per tirare fuori le formiche dai formicai, e mangiarle di gusto; di notte sognano l'anteater, che li picchierà ancora se smetteranno di mangiare il cibo degli dei, le formiche.
Questo per dire che la morale della favola è che senza il formichiere non esisteremmo: Egli, nella sua pelosa saggezza, ha obbligato le scimmie a cercare un modo per mangiare le formiche (non avendo la sua utilissima proboscide), e dunque le ha obbligate a usare il cervello.
Chi sa fare due più due ( ma anche chi pensa che faccia tre, cinque o venti) capisce bene che senza l'anteater, ora le scimmie sarebbero ancora scimmie, e noi non saremmo uomini, ma saremmo scimmie.
La favola insegna anche che è meglio non fare arrabbiare il vero re della savana, se non si vogliono mangiare formiche tutta la vita.

venerdì 2 dicembre 2011

La Bellezza (2)

Eravamo arrivati nel punto in cui si decideva quale delle scimmie 
sia la più urlatrice, o quale tricheco avesse i baffi più vecchi?
Oppure... no non ricordo.
Oppure la mia fantasia si libra come colibrì immaturo, come uno spaventapasseri, di quelli dei cartoni animati, tondi e molto, molto carini, con i loro sacchi (come sono tondi!) che gli coprono le idee e le spighe di grano che ballano nella sua immateriale testa.
Com'è bello nella sua rotondità... aspetta: la Bellezza!
Si parlava del rapporto tra Bellezza e Assurdo, ed ero giunto dunque alla conclusione per nulla certa ma così insensata (pregio raro da trovare nel grigio mondo dell'asfalto, dove il catrame rimpiazza le formiche rosse, e i piccioni si scambiano con i pavoni e le libellule.
Mariniamo in un oceano impassibile, come un vigile che deve farci attraversare la strada, come un mammut, di quelli siberiani, con un fumetto che continua a ripetere "ho freddo!" (naturalmente in russo se uno spiraglio gli ha fatto passare le voci del Cremlino).
Tornando alle scimmie sono molto soddisfatto dell'evoluzione: mai potevamo sceglierci discendenti migliori: le scimmie sono proprio rock, mica come i piccioni.
I piccioni fanno schifo.
Oppure i formichieri: quelli sono molto belli, con la loro coda sinuosa che balla nell'aria, come uno Swiffer, ma senza polvere.
Lingua lunga, bell'animale tutto sommato.
Però a volte mangia le termiti.
Maledetta Convenzione, che nomina tutto, subito, senza pensare che un giorno un formichiere possa, non so, mangiare i sogni.
Quelli brutti, che nel cuore della notte rendono il tuo letto un Titanic o una giungla infestata da cattivi uomini (e tu per qualche strano motivo non puoi correre) o lo studio di Porta a Porta, con il plastico della Venere di Milo e gli ospiti che le guardano le... beh diciamo le rotondità.
Come vorrei avere un formichiere!
La Bellezza è figlia dell'Assurdo, perché senza di esso il mondo sarebbe pieno piattume, una tartaruga grigia che mangia cenere.
Io voglio piadine, dinosauri, divinità montane e fluviali, risotti e profumi, e volendo anche una spada laser: la Bellezza non sta nella Perfezione, è la Perfezione che sta nella Bellezza.
E poiché la Perfezione non è consona alla Convenzione, ma esiste (altrimenti non la si potrebbe definire), esse è sicuramente nell'Assurdo.
La proprietà intransitiva (scritta sulla lavagna, con quel pennarellone nero, che sguscia sul mare bianco della plastica) ci insegna dunque che, essendo la Perfezione insita nella Bellezza, e d essendo la Perfezione insita nell'Assurdo, un rapporto tra Assurdo e Bellezza deve esistere per forza, e di sicuro stanno nello stesso insieme, fatto di perline colorate, e quelle tendine per entrare dal panettiere, così inutili e fastidiose, ma assurdamente belle.

giovedì 1 dicembre 2011

La Bellezza (1)

Il mare in burrasca s'alza intorno alle coperte della mia mente.
Non ho voglia di scrivere, eppure sono qui, a forzare la mia testa di produrre un formichiere o addirittura un alveare (bello giallo, tondeggiante come quello dei cartoni animati, circondato da un miele che ne ha più della crema pasticciera, mentre un giallo orso di peluche si avvicina per inzuppare il pelo in esso) da proporre ai miei assidui lettori.
Certo che...parlare del'alveare mi ha fatto venire voglia di descrivere bellezze, giraffe multiformi e tutte alte, fino a dove la poesia si esaurisce.
Pardon: mai la poesia potrà fermarsi, finché i suoi figli Assurdi la ricercheranno, nutrendola con nettare puro, perché privato il più possibile della Convenzione.
Che bello questo nettare, denso e vaniglioso, con quella punta di dolce tipico del sapore dei cartoni che guardavamo da bambini: le videocassette, piene di salti polvere e ranocchie, mi riportano in quella ------------- (mi sono bloccato, mettendo su musica solenne e inuagurale, non posso creare fantasie belle belle belle) ------ bellezza?
Già detto.
Dico sempre bello, bellezza, bellamente, belloccio, balocco.
Balocco ecco!
...mi riportano in quella utopia fatta di balocchi e Pinocchi, ricca di ispirazione e assolutamente priva della cupa ombra dello studio.
Ed ecco il bambino, pieno e rosso.
Divagare mi porta verso orizzonti spontanei, versi e frammenti di poesie diverse e mai scritte che si affollano nella mia mente sussurrando i loro arcani fiammiferi.
Ad ogni modo ripeto un po' troppo la parola bello e i suoi diretti parenti.
Sapete perché?
No sinceramente, io non lo so.
L'unica certezza è che quando cerco di descrivere l'ineffabile sensazione, quella dove si balbetta per ore cercando un aggettivo (o un cuscino, o una marmotta che salta fuori dalla sua pelosa tana) per definire l'indefinibile, allora nella mia mente compare BELLEZZA, sempre, imperiosa come una formica che trascina un pianoforte, orgogliosa come un tucano dal becco completamente nero.
E' dunque la Bellezza la Bianca Dama, moglie, sposa dell'Assurdo, di cui dobbiamo dichiararci figli?
Il matrimonio tra Bellezza e Assurdo va preso per assodato? come due patatine fritte attaccate, oppure bisogna dare alla Bellezza un diverso significato?
A mio modesto parere, la Bellezza è figlia dell'Assurdo: l'Irrazionale, l'eliminazione della grigia convenzione non può che portare la Bellezza, candida come una tovaglia stesa sotto il sole o l'anima di un bambino, profumata come un vestito nuovo e morbida come il cuscino di un peluche.
Approfondiremo sicuramente la questione, per capire meglio di chi siamo figli, e dunque, di chi siamo fratelli.