lunedì 24 dicembre 2012

Strenne e balocchi

Partiamo con le dediche: questa poesia è per Il gxxxxx bluff, che mi ha illuminato il Natale.
Sapere che altre persone amano questo tipo di Letteratura e disdegnano con i baffi rivolti verso l'alto la subdola aragosta della Convenzione, in giacca e cravatta, sempre pronta ad irretirti nelle sue regole, simulazioni di perfezione e sicurezza.

Un altro autore in trincea con noi, a condividere cannonate e rospi, in attesa che le mura del Rigore Formale si sgretolino come biscotti sotto i denti delle renne di Babbo Natale.
Grazie, e che i tuoi balocchi siano sempre di legno ed espressivi.

Strenna: renna di Babbo Natale, agghindata di mandorle, ghirlande e arlecchine luci lampeggianti.
Questo perché da bambino in nessun libro mi veniva spiegato il significato della parola strenna: una grave lacuna che ancora oggi stento a recuperare.
Un trauma natalizio.

Balocchi: regali (di legno, preferibilmente), che se messi in un sacco di iuta schioccano tra loro, sballonzolati dal vento, producendo rumori piacevoli all'udito di uomini, renne, strenne e cani pelosi e grandi. È la parola natalizia per eccellenza, secondo la volontà del Formichiere.

Queste sono le due definizioni (soggettive: se ne avete altre, vostre, ben condizionate e apparentemente non infestate dagli acari del Natale, usatele) per poter comprendere gli auguri che io, Direttore della Redazione delle Belle Opere Pelose e della Redazione di "Absurd is the Way!" in quanto unico partecipante in entrambe le comunità, rivolgo a voi, cari lettori, e a voi, cari collaboratori (Il gxxxxx bluff L'Assurdo).
Buon Natale, felice anno nuovo, buone bestie, e che il Formichiere tenga in serbo la vostra strada migliore per il momento più buio.





STRENNE E BALOCCHI

Annaspando tra rosse carte
di granchi e calamari,
tonni e rinoceronti,
assaporo inevitabilmente
spiriti gioiosi.
Innalzando lo sguardo
verso catene di prosciutti,
proteste di manifesti.

Libriamoci tutti al di sopra
delle trombe;
le scale non sono più
per noi.
Allunghiamo il collo,
come dinosauri,
verso il peloso domani.

Stringete la mano
al levriero;
non fatevi intimorire dall'antilope.
Le aragoste sono il male,
ma non le torpedini.

Strenne e balocchi,
frigoriferi nei piatti.

mercoledì 19 dicembre 2012

Giri in libreria e incontri con la signora Presunzione

Scioccato dalla marea di insulsi, abitudinari sproloqui di vaneggi impalpabili.
"Buonasera signora Cultura. Mi conceda di stuprarLa, così, per folle divertimento".
Ribrezzo, copioso e immanente, permea le vene di chi osserva; o meglio, di chi legge.
Quanto poco nel molto!
Vanesi giri di parole per riempire le pagine.
Vergogna, a te e alla tua stirpe.

Mia consuetudine è recarmi alla libreria.
Con passo baldanzoso assaporo l'odore della carta, per me consolazione tangibile in un'era digitale a cui comunque appartengo fieramente.
Volteggio come un colibrì tra le scansie, adocchiando, brillando, spegnendomi, rinvigorendomi e sfarfallando a vuoto, solo per il gusto di sfiorare copertine cartonate o economiche, dipinte accuratamente o minimaliste.

Il fiero leone si aggira per la savana, alla ricerca della gazzella più succulenta, quella che gli arrecherà maggior piacere, e per più tempo.

Armadillando ignaro mi avvicino alla corsia del Fantasy, e della Fantascienza, miei prediletti territori di caccia.

La nausea è una delle sensazioni peggiori, se abbinata al provar ripugno per qualcosa.
E' come se centinaia di umidi vermi, mollicosi e sporchi di fango, danzassero un ballo distorto sulla vostra lingua.

Libri INUTILI.
SCIOCCHI, RIPETITIVI, NOIOSI, INOPPORTUNI.
DISGUSTOSI, VENDUTI, SCHIERATI E IMPERTINENTI.
Ti mostrano spudorati la loro assoluta mancanza di necessità, sbattendotela in faccia e spalmandola con vigore fino ai capelli.

Mi sento offeso da tanto ciarpame, da tanto esercizio dell'inettitudine di qualcuno che vede nello scrivere. E che puntualmente viene pubblicato.
Come dissi a suo tempo, mai mi sono arrogato il diritto di essere pubblicato, ma sono dell'idea che tale onorificenza vada concessa a chi sia in grado di maneggiare una penna con DOVUTA E RICHIESTA disinvoltura.

"Ciao, caro il mio Formichiere. Passavo di qua e vedendoti in tale stato indignato per i prossimi minuti tenterò di tentarti."
La signora Presunzione.
Liscia e languida nel suo mantello di sete pregiate (una formula, sete pregiate, che mi ha sempre fatto pensare all'India, ai puntini sulla fronte e al riso pilaf).
"Ma guarda che porcherie vengono pubblicate al giorno d'oggi. Pensa che a te manco ti considerano. Disdicevole."
Poffarda mentre guarda i libri, sollevandoli, soppesandoli come pezzi di carne (poffardare: osservare qualcosa sbuffando vistosamente).
"Che vergogna."
So sempre dove vuole andare a parare. Ed eccola che parte.
"E pensare..."
Lo sapevo.
"... che tu..."
Arriviamo al punto, vegliarda.
"... hai inventato un genere letterario. E nessuno TI-SI-SCORREGGIA."
Affondo al cuore, classico, pulito, senza sbavature, come l'armatura di un pangolino.

Ora, io non ho la più pallida idea se questa mia convinzione di aver inventato DAVVERO un nuovo genere letterario sia giustificata; so per certo però, che ogni volta che la signora Presunzione interviene, salta fuori la questione.
Non so perché, ma a una parte della mia mente piace pensare di essere un innovatore letterario.
Ad ogni modo, credo fermamente nel Formichiere, e nell'Ispirazione pelosa che concede a pochi procioni (tra cui i ragazzi de L'Assurdo).
E credo fermamente in quello che scrivo, nei miei pochi ma buoni fan.
E se per caso sarò davvero il pioniere di una nuova letteratura, i pochi ma buoni pronunceranno il mio glabro nome, e potranno vantare l'avermi seguito dagli albori.

Vi voglio bene, miei cari lettori, miei ricci, alberi e zuccheri; mie peonie, violaciocche; miei ragnetti, miei zaini e miei muri portanti.
Vi voglio bene, miei equini colleghi, compagni di ciurma in un piatto mare di bonaccia letteraria, alla ricerca mai conclusa di un'Assurda ElDorado.
Il piacere dello scrivere, oltre che dall'atto in sé, deriva dalla consapevolezza della Vostra approvazione.
Grazie.

La questione preferisco chiuderla, stendendo un velo impietoso sulle lotte che inficiano gli angoli più egoisti della mia mente; ma posso, e a ragione, insistere sulla pochezza (che parola signori, che parola!) della maggior parte di ciò che vedo nel reparto novità.
E il primo stronzo che mi dice che però "Lo Hobbit" è bello anche se nuovo, lo prendo a calci in culo fino al 1937.

lunedì 17 dicembre 2012

Svolazzo

Era da un po' che non raggiungevo la serenità necessaria per una sana sessione breve di poesia.
Quella poesia che piace a me, fatta di alambicchi, provette, koala e giaguari, che ti avviluppa fumosa lasciandoti un incerto bacio sul gomito.


SVOLAZZO

Svolazzo pigro
sulla città della gogna:
inebrio fiori dal nettare spento,
stanco di cartoni e televisione.
Colore e sambuca, per Dio!
Ravvivate il mio svolazzare.
Crepate i muri della scuola
elementare,
rintronando bambini
di caramelle e lampadari.

Svolazzo dolce,
su pandori e luminarie,
Natale d'oggi.
M'inoltro tra le genti,
Mosè e mosche,
copripiumoni e treni in ritardo.
Canto di Natale
o Natale da cantare?

Svolazzo nella nebbia,
tra pagode, stracchini,
arachidi e balocchi.
Micetti di arbusti
bussano tremebondi
calore spasimato.
Si abbandonano lascivi su cuscini
di leprotti.

Svolazzo sul razzo,
in cerca di circhi,
rimuginando altalene passate,
presenti,
future.
Suicidio di zanzare zuccherate,
apriscatole danzerini
concorrono con soldati di ventura.

Svolazzo tra libri,
polvere e armadilli.
Pelo di Formichiere,
l'Ispirazione suona prog.
Leccatevi le guance,
o mortali,
e innamoratevi di un piatto.
L'albero sorride,
del sorriso dei martelli.


Buon Natale cari lettori! Buon Natale e buone Salamandre a tutti!

martedì 4 dicembre 2012

Partiamo dal presupposto

Partiamo dal presupposto che stasera sono annoiato.
Partiamo dal presupposto che stasera sono pigro.
Partiamo dal presupposto che per scrivere "Partiamo dal presupposto" ho continuato ad usare sua santità Ctrl+C Ctrl+V (copia e incolla per i profani).
Partiamo dal presupposto che voglio scrivere qualcosa, tanto per far passare il tempo che intercorre tra la fine della cena e l'ora di appollaiarsi sul cuscino a leggere.
Partiamo dal presupposto che non ho idea di quello che scriverò, né di quello che verrà fuori.
Partiamo dal presupposto che sto ascoltando Progressive Rock, in particolare gli Yes.
Partiamo dal presupposto che la giornata è stata lunga e pesante.
Partiamo dal presupposto che adesso parto, e basta.

Rintronato, mi svegliai nel parcheggio del profumificio della MammaRatta & co.
Maledette sbronze pre-commercialista, danno sempre i postumi post-commercialista.
Avevo voglia di un frappè, di quelli densi, che sappiano di un frutto denso, tipo la banana o la nutella. Oppure il tasso o l'ananas.
La sabbia mi entrava dalla orecchie mentre avanzavo; poi mi accorsi che stavo scavando invece di camminare in avanti, e tornai sui miei passi.
Ora avevo voglia di due frappè; ma la gelateria più vicina era famosa per la sua brutta gestione. I babbuini non sono soliti gestire bene gelaterie, e questi due tassi facevano ancora peggio.
"Mai fidarti di un tasso," diceva il mio commercialista, un uomo alto circa un metro e quaranta con un'insana passione per l'alfabeto cirillico "sono animali cattivi, e non denunciano quasi mai quello che guadagnano al fisco."
Ma ero spesso ubriaco quando andavo dal commercialista (prima facevo sempre un salto al bar, per prepararmi), e quel consiglio non l'ho mai seguito troppo.

Entrai con fare spavaldo nella gelateria, mentre i ciondolini appesi all'entrata suonavano un titillante inno francese alla rovescia.
Mi accorsi della pestata solo dopo averla detta due volte, la prima alla commessa e la seconda al cliente che stava davanti a me in fila, giusto per rimarcare la bellezza di quello che avevo appena detto.
"Cortesemente potrebbe prepararmi un frappè al gusto tasso?"
(Ora, il lettore se lo ripeta più volte mentalmente: non è forse una frase metricamente e musicalmente perfetta?)
Il gestore, un tasso arcigno che indossava una maglietta sporca con sopra scritto "Salviamo il pangolino", uscì dal retro con una padella in mano.
Ancora oggi mi chiedo a cosa servisse una padella ad un gelataio.

Corsi fuori, ancora non convinto del tutto sul perché una famiglia di tassi inferocita mi stesse inseguendo.
Credo centrasse qualcosa con una massima di vita che il mio commercialista mi disse una volta, ma al momento non ero certo.
Svoltai in un vicolo buio, sporco, con quattro buoi davanti ad un carretto.
Li scavalcai a piedi pari e mi lanciai nella discesa che portava alla metropolitana.
Solo dopo mi accorsi che nella mia città non c'era la metro, e di conseguenza mi persi nelle fogne.

Partiamo dal presupposto che vagai per due settimane, nelle quali capii molte cose.
Tornato in superficie, la prima cosa che chiesi al mio commercialista fu se fosse mai stato a quella gelateria che stava proprio dietro il suo ufficio.
Il suo sì mi fece capire molte cose sui frappè, sui pangolini, ma soprattutto sui tassi.

Partiamo dal presupposto che non avessi idea di come sarebbe partito il racconto.
Partiamo dal presupposto che questo racconto, come molti che io ho scritto, non ha senso; ma sono riuscito a finirlo abbastanza disinvoltamente.
Partiamo dal presupposto, che si rivela Assurdo; giungiamo alla conclusione che assume senso, e andiamo oltre per tornare all'Assurdo.

martedì 27 novembre 2012

Politicamente scorretto

Ogni tanto mi piace uscire dal seminato, o come piace dire a me, dal campo arato.
Ed è raro che parli di argomenti di attualità, italiana, estera o inventata: ma la situazione politica che sto osservando in questi giorni non può che farmi sorridere, e l'idea di creare una finta campagna politica tra assurdi partiti in chiave comica mi ha accarezzato talmente tanto oggi che non ho potuto che dedicarci una mezzora, giusto per farla uscire dalla mia testa, urlante e in mutande.

PREMESSA (non voluta ma necessaria): chiunque si senta offeso da questo articolo vada a farsi un giro. E non lo dico perché i politicizzati mi urtano, ma perché non si facciano urtare da me.
Questo articolo è una presa per il culo delle dinamiche che secondo me stanno avvenendo in Italia, ma NON CI SONO RIFERIMENTI A PERSONE REALI O MENO.
Prego astenersi scrassapalle. E se non vi astenete, evitate di rientrare negli stereotipi.

Facendo zapping si vedono le peggio cose.

CANALE 1
Armando della Pimpa polemizza con il Partito dei Gatti di Marmo per non interessarsi del sociale.
Il baffuto segretario del Movimento per i Pois Rossi, moderata sinistra estrema, sostiene che i Gatti di Marmo, e in particolare il loro leader Steve Jobs (riesumato per l'occasione), non considerino un'invasione di locuste un fattore negativo per la popolazione.
Il popolo sovrano inneggia con i cori "Indignato Armando, che il burro bene spando", "Tieni duro Armando, i Gatti stan tremando".

CANALE 2
La campagna del Senatore Barbogi, nota cariatide dell'ambiente dell'estremo centro storico, è un tuonante coacervo di insulti per chi non crede nel processo Jurassic Park.
A cavallo di un dimostrativo Tirannosauro Democratico si aggira per le strade di Tokio terrorizzando Hello Kitty e Applefags.

CANALE 4 (sul 3 c'era un telefilm con Tom Selleck e Uma Thurma che devono salvare un furetto da una balena inferocita)
La Casa della Musica si stringe intorno al Triumvirato Gucci Boy - TruceBaldazzi - Piccolo Lucio, capaci leader e indiscussi conoscitori delle Muse, che incentrano il loro programma sulla proposta di garantire trapianti della prostrata a tutte le donne incinte che lo desiderano.

CANALE 6 (sul 5 c'è la D'Urso, abbastanza assurda da poter essere citata)
I giornalisti fanno cerchio intorno all'Onorevole Zaffoletti, raffreddato cronico con la mania dei coniglietti.
"Quest'anno, a Pasqua" spiega il leader del partito di moderata altitudine "ci saranno coniglietti sotto ogni albero."
I giornalisti che lo intervistano, chiaramente dalla sua, scrivono articoli in cui viene assicurata la coincidenza improbabile della Pasqua e del Natale nel 2013.

CANALE 7
Per ultimo il fanalino di coda della politica: il Prefetto di Casalmare sulla Collina, PierGianPietrAntonio Fronzoletti, imperialista DOC, che schiera una formazione di prim'ordine.
"Puntavo su Darth Vader, ma da quando è stato comprato dalla Disney le decisioni passano sempre da Topolino" comunica pensieroso PierGianPietrAntonio "per questo ho optato per Crudelia DeMon, Kermit la Rana (quando uscirà di prigione), Tinky Winky e Geppetto"
"Naturalmente l'Imperatore sarò io" sottolinea PierGianPietrAntonio "questi potranno pulirmi le scarpe, ma non farmi il thè: per quello ho scelto la Regina Elisabetta."

Ho cercato a lungo il canale 8, provando ogni combinazione di tasti sul telecomando.
Poi ho capito come trovarlo.
Bastava spegnere la TV.

Delirio da Febbre

Ora sto meglio, ma la notte di domenica ha lasciato sulla mia psiche delle ridondanti ferite, crude e allampanate, che ancora oggi mi angosciano, allucinanti nella loro derisione della Razionalità.
Il fatto che mi preoccupa maggiormente è la stima che ho provato per loro. In fondo in fondo, da un certo punto di vista, le ho apprezzate.
Sono state un'iniezione di Assurdo capaci di smuovermi dopo quasi un mese di assoluta inattività. Sono state tanto grandi da rimanermi fissate nella mente, come un tatuaggio sulla fronte.

Vediamo come viene, rivivendole per pochi minuti, se ancora riescono ad evocare i fantasmi del passato, mangiatori di lacrime, disperazione, cuscini e sudore.

PREMESSA: avevo un mal di gola tale da farmi gemere come un gerbillo (anche se non so come gemano i gerbilli, ma con quel nome il loro gemere deve essere tremendo), la febbre, e dato che mi ero appallottolato come una mummia inesperta al primo giorno di lavoro (quando ancora non ha capito che tenere le bende un po' larghe aiuta alla circolazione) stavo sudando.
Insomma, la classica scena da delirante da febbre, con l'aggiunta dell'impossibilità di deglutire per il dolore.
Esperienza formativa e fortificante. Let's go!

DELIRIO

La mia testa si squadra, mantenendo solo i bordi bombati, e la mia faccia si fa monitor.

Per chi ne sa un poco di materia, divento un lettore di schede perforate, inspiegabilmente attaccato ad un monitor.
Per chi non sapesse di che cosa si tratta, sto parlando di un aggeggio simpatico nella quale venivano inserite schede con fori particolari, che indicavano al lettore il programma da eseguire.
Inserisci la scheda, esegue istruzione. Semplice. Non dilunghiamoci.

Ogni scheda, per essere porcessata, necessita che io deglutisca.
Azione e dolore ballano insieme, se voglio avanzare devo deglutire, se voglio avanzare devo soffrire.
Sì dolente il programmare, sì alienante lo studiare!

Ora sono in una vasca di vetro, una palla per la precisione. Il lettore è lontano, sono contento.
Che bello vedere il mondo dalla sensuale curvatura trasparente, lucida finestra!
Ad un tratto la Sensazione mi avviluppa.
La Sensazione è la Regina dei Presentimenti e la Principessa della Cattive aspettativa: la Sensazione è la sensazione che qualcosa possa andare male.
Chiaro: non respiro, sott'acqua. Devo deglutire un po' d'acqua, se voglio risalire.
Dolore per sopravvivere, sopravvivere per soffrire ancora.
La vita è sofferenza sofferente, dolore doloroso, deglutire e masticare (ma anche bere e dormire, russare e mangiare).

Mi sveglio dal delirio, sudato.
So che forse Qualcuno di Imperscrutabile mi ha voluto mandare dei messaggi con tutte quelle storie di sofferenza profondamente legate (come edera ad una pianta) al concetto di agire e sopravvivere; ma in fondo chissenefrega.

Semplicemente apprezzo la montagna di Assurdo che mi è piombata in testa quella notte.
Si chiama vedere il bicchiere mezzo pieno, l'anatra mezza grassa, il biscotto mezzo vaniglia, la casa mezza intera, la zanzara mezza morta, o la lacrima mezza scesa.

Chiamatelo come volete, ma i deliri mi piacciono un po' sempre...

sabato 3 novembre 2012

Illuminazione sulla strada di Dam... di Lucca!

La macchina traballa ubriaca ignorando il fondo stradale burlone dell'Autocamionale della Cisa (che nome caparbio per una strada!).
Il mio stomaco borbotta contrito per gli sbalzi d'umore delle fresche ruote, gli occhi accigliati per la levataccia.
Lucca Comics and Games, croce e delizia dell'affamato popolo Nerd, in grado (quando vuole) di invadere un'intera cittadina, protetta addirittura da mura.

Ma torniamo, ve ne prego, al viaggio in macchina. Il mio articolo non mira a spiegarvi i dettagliati furti di bellezza che ci ha offerto la Fiera (per me, vergine, la prima volta).
Voglio parlare di disegni.

Non turlupiniamoci intorno al perché tali angeliche forme d'arte comparvero davanti ai miei occhi.
Che tratto, che amore per il colore e il multiforma!
Che sapienza nel distribuire sul mero foglio le linee e i punti, che piacere nel constatare il sapere della Bellezza!
Non sempre si conosce la Bellezza.

Grazie Daniela!
Grazie, per avermi fatto capire che l'arte si conosce, si assapora, ma a volte, ci si innamora di essa all'istante, come un'Epifania.

Ora, Cari Lettori, vi starete chiedendo cosa abbia potuto attrarre con tanta voga un servo dell'Assurdo: quale artificio potrebbe stupire chi si è abbandonato tra i peli del Formichiere, negando l'improvvisazione e scegliendo il tutto?
Un DRAGO con una BOMBETTA.

Il Drago si alza al mattino.
Sente la sua figura mostruosa, priva di alcuna finezza; sente di essere più vicino ad una foca, o ad un dugongo, che ad un Drago.
Poi, aprendo il guardaroba, nota l'arma del riscatto.
Fiero come un orsetto che ha appena trovato il miele, si avventa sul copricapo della finezza, ed esce in strada, tronfio e finalmente a testa alta.

L'ABITO NON FA IL MONACO, MA FA IL DRAGO.


A Daniela,
con la speranza che qualcuno più utile di me comprenda appieno la sua arte.

Galleria di Daniela su Deviantart (vedi)

mercoledì 31 ottobre 2012

Sano Delirio, in Halloween-Horror

Amici, buon Halloween; amici Celti, buon Samhain; amici anatroccoli, buone favole.
La sera pioggiosa che mi accompagna a letto reca la solita scritta "Scrivimi", poiché ella, desiderosa di essere ricordata sprona la mia fantasia a lavorare e ad ispirarsi alla refrattaria fonte della Musa Assurda.
Mettiamoci di buona lena, assumendo un tono adatto alla serata tremebonda e scanzonata della festa celtica più attesa dalla cultura post-bomboloni-alla-crema.


SANO DELIRIO, IN HALLOWEEN-HORROR

Scale che portano in labirinti popolati da serpenti e fate della notte; sovrani da scranni fatti di ragnatele indicano il filo della tua vita con dita ossute, scrutando la tua esistenza, succosa, e assaporando il momento in cui essa verrà distrutta da pelosi ragni color disperazione.

Urla squarciano bisognose i miei timpani, accogliendo l'atavica paura del buio come madre: temi tu la morte? Temi l'ineffabile abisso delle Divinità precolombiane?
Temi l'Antro, la Dimora della Bestia Pensante?

Mi guardo intorno e vedo solo ossa, bones, e la paranoia gioca con le mie unghie. Scheletri marciano nella Danza della Morte, macabro rituale dei vicoli della fumosa città.

Il cimitero è l'unica luce nella notte senza fine: tremule candele si affacciano sul mondo dei mortali, strappando brandelli di esistenza piacevole dalle lussuriose giornate: è finito il tempo dei balocchi, inizia il Regno del Nero e del Cupo, Signore Assoluto della paura.

Non credere nel corvo che ti invoglia a percorrere la strada più breve alla casa dell'Orrore; non credere a nulla che non ha peli.
Il Rettile ha occhi squamati, e gli specchi non lo amano.
Il Corvo ha occhi neri, e la notte lo ha partorito con dolore e rabbia, perché Egli tormenti la carcassa, viva o morta che sia.
Clown pagani offrono marci altari di divertimento, sedendo sui troni della perversione carnale: le fruste infiammano l'aria, satura di zucchero filato e pianti ininterrotti.

Eserciti di ossa e morti prematuri bussano alla tua porta.
Suonano la campana della verità, straziando il cielo con le loro urla e vomitando tangibile sofferenza, nera come ogni cancro del mondo mortale.
Fiamme infernali circondano la tua dimora, dissacrata dal rombo delle acciaierie e dei petrolifici; nulla può annullare i tatuaggi del Diavolo, nulla può batterli.
Ti affacci alla finestra, mentre le armate della notte attendono alla tua fragile porta, il tuo respiro affannato.
E solo quando leverai con coraggio lo sguardo alla prossima fine, sentirai la Domanda.
Il Quesito che intrappola l'uomo ad una vita di pagamenti o tormenti.
Il capo degli ossuti soldati ti scruta con i suoi morti occhi, mentre dalla caverna che chiama bocca esce la Domanda.
"Dolcetto o scherzetto?"

giovedì 11 ottobre 2012

Falso allarme. O forse no?

Falso allarme.
Ero partito convinto come un leprotto giulivo nella stesura di una visione di "fantastoria", la storia fatta con i se, i ma, e i coccodrilli.
Una visione di un grigio mondo comandato dalla rovina pennuta, i piccioni.
Questa era la mia idea di base per scrivere, un'idea nata potente stamattina e morta giovane stasera.
Un'effimera ispirazione, che però mi ha portato a riflettere su come si giunga a scrivere Assurdo (mi piace la parola giunga: sa di giungla, banane e verdi foglie di caschi).

Non posso pensare ad una storia al mattino e tentare di parlarne alla sera.
L'Assurdo non aspetta, impietoso tram d'ispirazione. Se la storia è buona, scrivi, o taci per sempre.

Nel mezzo della serata piena di birra maltata, mi ritrovai in una storia oscura. Ahi, difficoltoso parlar di piccioni, spari e cannoni! Ma divagar senza meta, scelta decisa!

Lasciatemi approfittare dell'apertura stentata della scrittura.
Quello che ho scritto finora fa effettivamente schifo, e lo so perché un pensiero mi ricorre sulla schiena, stirando la mia coscienza e imponendo a Sua Maestà il Subconscio di pensare ad una favola della buonanotte.

C'era una volta l'ispirazione, figlia del Formichiere e del Tempo; c'era una volta chi le Storie le racconta, e chi le ascolta.
Lasciamoci andare ogni tanto.
Il castello, popolato da fate, folletti e fatine, armadilli e canguri, assicuratori pentiti e procioni giganti; amici di penna e penne per amiche; ascoltatori falliti, in cerca di riscatto e millepiedi assetati di verità.
Solo una spiegazione vi è dovuta: perché i millepiedi ricercano la verità?
Camminare tanto rende le strade noiose, e intraprendere il difficile cammino della verità rende il millepiedi appagato.
O semplicemente perché chi ha meno di millepiedi, ma nonostante ciò viene lo stesso definito con errore, sente il bisogno di ricercare la verità, per chiedere scusa a se stesso.

Ho ben imparato una poca cosa in questo colorato sproloquio su castelli e verità; ma ascoltate le mie sagge parole (non sono io saggio, ma le parole): ascoltate il suono del picchio.
Bussa al vostro portone, ma se tirate dritto lo perderete.

lunedì 1 ottobre 2012

L'Ultimo Ballo

Domani faccio cifra tonda, vent'anni.
Ancora stento a credere di voler parlare di una ricorrenza. Il numero tondo, perfetto, divisibile addirittura per quattro.
Basta mi sono già stancato. Non amo molto le ricorrenze, per quello che in sé rappresentano, ma le adoro se sono occasioni per rimpatriate.
Cambiamo argomento.

Topi di stagno si arrampicano su mura di gelato alla panna, mentre i bambini corrono, giocando al mago, all'opossum, al cabaret.
Il più simpatico dipinge il silenzio, mentre gli altri giocano un chiassoso nascondino con le api e i cardellini.
Metalli pesanti schiacciano paure intonse, mentre dorati intingoli appaiono sulle tavole imbandite del domani.
Pollastri gloglottano del più e del meno, contando lo scorrere del tempo in chili, ragionando di stelle e di mucche.
Quanto latte producono per fare la Via Lattea?
Domande che disprezzano la risposta, dall'alto della loro sapienza, dei numeri e della febbre della sapienza ultraterrena.
L'Ultraterreno è chiuso ai poveri convenzionali: chi non assapora la bellezza della Fonte dell'Assurdo vivrà l'inconsapevole tristezza: l'ebbrezza è Assurda.
Ecco la rivelazione, la tavola della Verità Inscindibile.
Zebre piovono da un cielo di piombo scarlatto, mentre lettere di parenti mai conosciuti intrepide ci stringono la mano.
L'esperienza, il vissuto, si inchina all'improvvisazione, allo scorrere del fiume, alla bellicosità delle formiche della mente.

Lasciaci correre poeta. 
Noi Lettere, noi Muse dell'Assurdo, 
noi satiri e creature della selva; 
lascia correre chi ha gambe per farlo 
e donane a chi ne necessita.
La corsa parte, il lido sconosciuto.

Assaporiamo insieme i migliori nettari, lecchiamo la miglior crema letteraria.

Per chi ancora non se ne fosse accorto, la mia mente ha vagato, bucolica e affamata, celebrando lo Scrivere fine a se stesso, all'Edonismo dello scrittore Assurdo.

Ribadisco, sottolineo, divoro ed assaporo la bellezza del momento, il sublime di chi ama essere letto, ma non ne desidera i privilegi. Vorrei che tutti parlassero dell'Assurdo.
Il mondo e l'Universo ne trarrebbero sicuri vantaggio.
La libertà delle persone buone.

La musica scorre come miele, 
viscosa, 
aggrappata ad ogni angolo 
della tavolata imbastita per il Re.
Ammirate le note, come 
insolite cantanti,
avvinghiarsi ai trucioli,
alle schegge
e ai nodi.
Un tempo pianta,
ora tavolo.

Ragioniamo di te, mobile, assurto alla causa della comodità domestica, del focolare, del balocco: marionetta, non più possanza, ammiro statuario la tua solidità.
Le farfalle volteggiano, mentre io guardo la Luna.

Stasera è più bello essere vivi.
L'oscurità è colorata, e il robot saltella felicemente nel prato della meccanica rigidità, smuovendosi nell'immobile. Apparecchio ingrandito.
Adoro scrivere e le lettere sono le mie compagne del Ballo dell'Assurdo.
Godo ogni giro della sua musica progressiva, mentre il sole langue e la notte si trucca, giovane inesperta.
L'addio non esiste, lontano; il mattino è come una fetta di anguria estiva, colloso ma rinfrescante.
La bolgia del calore del ballo mi cattura, e la fetta d'anguria s'allontana ancora.
Invecchiare non fa paura, con un Formichiere al tuo fianco.

Amo l'Assurdo, e l'ultima danza, all'arrivo del mattino, sarà con lui.

martedì 18 settembre 2012

Fugace Visione: La Quarta Dimensione

Mi spalmo sul divano mentre la televisione (orrida dispensatrice di assassini di fantasia) vomita le sue combutte sui Reali canadesi e cose del genere.
Non aspettavo nulla in quel momento: amo ragionar di ricci e Formichieri, ma il divano risucchia le mie povere attività cerebrali: del resto come ci si fa a fidare di una cosa così pelosa assolutamente priva di intelletto?
Ma non divaghiamo.

La mia mentre prende un treno, uno di quelli lucidi, come leccati tutto il giorno da gechi colorati.
I sedili foderati di sogni, non di solida realtà; i camerieri gentili, fatti di caffellatte, privi di polvere.
Uno di loro mi guarda, interessato, occhi di cerbiatto, pelosi e liquidi.
<<E' la prima volta che va verso la Quarta Dimensione signore?>>
La sua aria innocente e disinteressata (domanda di routine per chi ti accompagna verso un determinato luogo, chiederti se ci sei mai stato) mi fa capire che non si tratta di uno scherzo.
<<Quarta Dimensione? Pensavo questo treno andasse verso l'Assurdo>>
Lui mi guarda come un'ape che invece che pungerti ti svolazza intorno, senza arrivare al sodo. Per lui, liquidamente disposto sul pavimento, nella mia frase tropicale mancava qualcosa. Troppo campata per aria.
Quando capisce che il mio arrancato errore si è fermato, decide di spiegarmi, come ad un cucciolo che mangia il divano di casa.
<<Partendo dal presupposto che tutto comprende in parte l'Assurdo, o meglio, che l'Assurdo comprende parte di tutto, arrivarci diventa un complicato concetto filosofico.>>
Fa una piccola pausa, accendendo la radiolina che gli cola dalla spalla.
<<Ma dato che la Quarta Dimensione ha una componente assurda maggiore della terza e della seconda(ma non della prima, quasi pura filosofia), stiamo andando verso più Assurdo. Mi perdoni, non so spiegarlo usando termini convenzionali.>>
Gli faccio un cenno di comprensione e lo congedo.

Poiché i tridimensionali non possono scendere dal treno (non per razzismo, ma per incapacità di comprendere), posso solo guardarla dal finestrino.

Ogni figura si proietta nel tempo, ma noi la vediamo in spostamento. Il tempo diventa visibile.
E' come se ogni figura si muovesse nello spazio lasciando dietro di sé tutti i fotogrammi delle azioni passate.
Il tempo non esiste più: se qualcuno vuole rivivere un proprio ricordo ripercorre i propri passi e torna all'inizio della giornata, del mese, dell'anno.
Il tempo diventa spazio.
E ognuno dei fotogrammi che una persona lascia dietro di sé è solido, tangibile: la persona lascia ogni istante di sé.

Descrivere di queste cose mi viene terribilmente difficile: ma mai scorderò la mia visione, fugace ed incompleta di quello che sta sopra di noi.

Mi scuoto sul divano, patria del pigro e del riposo.
La mia mano si muove, non lasciando alcuna traccia del suo movimento nello spazio ma soprattutto nel tempo.
L'orologio scocca le sette.
Banale, Watson.

giovedì 13 settembre 2012

Alucard - Gentle Giant

Oggi faccio uno dei miei tanti esperimenti.
Descriverò una canzone di 6 minuti, scrivendo tutto ciò che mi passa per la mente in tempo reale.
Questo per me è il primo passo della fusione tra diversi ambiti dell'arte: musica e scrittura. Spero il primo passo verso qualcosa di più grande, di più bello, di più Assurdo.
Io credo in un'arte che deve ancora essere inventata: l'Assurda Arte della Sintesi, che racchiuda il Tutto in sé.

La canzone è "Alucard" del gruppo Progressive Rock "Gentle Giant", facilmente reperibile su Youtube.
Buona lettura, anzi, buon ascolto!

ALUCARD

Luci del Circo, avvitatemi intorni al fanciullo giocoso! Colore di zucchero filato sulle sue gote, mentre il tendone si staglia nella notte.
Luci di festa, berillio e alogene; amare lo spettacolo, le giravolte, virtuose figlie dell'arte. Annunciatori dai corti sigari saltellano nell'oscurità.

Fine dello spettacolo.
Parco nero, vuoto, corvi che becchettano quattro popcorn lasciati per terra.
Ombre che ammaliano le mura più cupe e la giravolta, adesso, nera si stende nell'inconscio terrorizzato.

Il giorno dopo, immemore della notte si diletta ancora delle capriole, il gesto buffo, la mandria del pubblico.

La calma per il grande numero, sussulto di masse: paura che non ce la faccia. Tamburi del rullio, preparazione e salto. Fiato corto e sospeso due piroette,, qualcuno afferra il danzatore. Il numero si avvita.

Fine dello spettacolo, il terrore torna al viaggiare tra le tende più nere. Un ratto sbocconcella i resti di una caramella, attendendo il nuovo giorno.
La pancia duole, crampi della notte! Allontanatevi dal parco, pagliacci sbandati che fumano erba nera.
Pagliacci sbandati che si allenano blandamente, cadendo per terra, puzza di gin e vomito.
La seconda faccia dello spettacolo.
Nascosta.

Squillar di trombe e di nuovo in pista: spazio al colore, al bello e all'effimero.
Ma dietro al muro, corvi e ratti aspettano il banchetto notturno, voraci e smagriti.
Sipario.


Questa canzone ha terribilmente risvegliato la mia paura per il Circo. Forse solo io lo trovo triste e deprimente, ma dietro alla faccia truccata del clown c'è spesso una storia di schiavitù accettata, di uno stancante girovagare, che non porta a nulla.
Il Circo per me è triste, e dietro alla sua maschera di zucchero filato e colore, il terrore più nero mi sfida, con la puzza di popcorn e di vestiti sdruciti.

sabato 1 settembre 2012

Fall is Coming (finally)

Avevo parlato non molto tempo fa di come l'estate fosse in procinto di devastare i nostri orti e il nostro fisico (che vedo anche quello come un orto, in fondo). Ora sono felice di poter iniziare a parlare del mio beneamato autunno, atteso come quei numeri di Topolino con la sorpresa in regalo.

Non prendetemi come un poveretto che non sa che scrivere se non delle stagioni che regolarmente scorrono: sono un osservatore, uno che ama la vita. E sono metereopatico.
Se questa parola esiste già nel librone delle malattie, perdonatemi: intendo metereopatico come "colui che cambia il modo -- PAUSA RICERCA GOOGLE CAUSA PAURA DI SCRIVERNE UNA PIU' GROSSA DEL SOLITO -- di scrivere in base alle condizioni esterne.
L'estate è bella perché si esce, ci sono i fenicotteri e tutti quei bellissimi insetti che mi ronzano sulla testa, ma l'autunno... l'Autunno!!

Foglie sparse sulla strada, tappeto trionfale per il fresco. Quelle belle mattine, così fresche che si sentono linde e pulite. Colori esagerati, animali che popolano la mia mente, sbizzarritevi! La lavatrice vive meglio, d'autunno.

Per non parlare della mia grande passione: la birra. D'estate, per necessità più che per virtù, il dolce nettare si limita alle tre/quattro varianti estive, rinfrescanti, beverine: d'autunno, la creatività!

Fuori acqua dappertutto, la tana poltrona accoglie il figlio infreddolito, mentre l'arancione delle foglie si fonde con uccelli di ogni forma e colore. La fantasia dilaga, a macchia d'olio, pane della mente: amo l'autunno, e sorseggiare la birra diventa arte.
Scura, densa o chiara e leggera: la forza del nettare non diventa un problema, e la creatività dei birrai non è più ostacolata dal torrido nemico della fantasia.
Ecco l'autunno, dove, dalla moto, i colori sono più belli, e il terreno bacia le stanche ruote dell'elogio del vagabondare.

Autunno, ti aspetto. Con l'affetto che si prova verso un padre che ti rimbocca le coperte, con quelle mani sì nodose, ma tanto forti e calde.

martedì 28 agosto 2012

Sano Delirio, in Fantasy-Prog

Mi piace scrivere di gialli deliri, vediamo se con maghi, streghe e destrorsi me la cavo bene. Si dia inizio alle danze.

SANO DELIRIO, IN FANTASY-PROG

Il Grande Saggio della Torre dei Cervelli Sconclusionati si prese una pausa dalla terribile visione che si incrociava nella sua mente.
Le immagini si scontravano come cavalieri di cenci al suono della ghironda, e la sua mente, per quanto abituata a sforzi sovrumani, aveva bisogno di riposo.

Matrimoni di ragni, che giorni di sangue ci aspettano! Erranti contadini coltivano tutto ciò che passa sotto i loro puntuti rastrelli. Le nuove cavallette invadono i castelli, trasformando il mondo in un unico campo di grano.
Sentieri sporchi, dove bimbi dai piedi sporchi conducono papere al guinzaglio, verso la luce, il simbolo dell'Eterna Fine.
Sandali di cotto avanzano su nobili pavimenti, mentre fuori dalle dorate mura di Fantalon avanzano le armate degli straccioni, cenci che avanzano per un tozzo di fame.
La Rivolta! La Rivolta!

Il Grande Saggio squadra la finestra rotonda. La geometria lo aiuta, quando deve dare cattive notizie.
<<Popolo di Nimafol! Auditemi, popoli delle Terre Verdi! Ascoltate le parole di un vecchio visionario! Sapete che ho ragione! Sapete che il Vero scorre nelle mie vene!>>
Tutto i passanti si voltarono verso la Torre.
Scoiattoli, papere, unicorni, orchi e furetti: ben presto per le fangose strade del Borgo si sparse come un'onda di olio crudo l'annuncio del Grande Saggio.
L'orologio squillava le quattro, mentre i campi si addobbavano a festa, per celebrare la Giornata dei Quattro Venti.
Il popolo è ignaro.
Ignaro delle stelle, dei carretti e del perché i muli sono così testardi.
Ignaro delle stalle, del castello e di come si faccia veramente un letto (senza fargli male, si intende, non col solito barbaro metodo!).

<<Tempi bui avanzano, portando con sé tutto ciò che c'è di male nelle Terre dell'Eterna Luce, dove Vita e Morte smettono di essere concetti e diventano frutti. Tali frutti avanzano striscianti nelle nostre case, mentre ascoltiamo jazz! Di esso si nutre la Luce, il Male!>>
Piccoli scoiattoli abbracciavano le loro madri, una mezza via tra capibara e tucani, colorate vestigia del popolo sotterraneo, curiosa discendenza dei creatori del Tempo.
<<Pappagalli e rinoceronti abitano nelle nostre case! Vogliamo forse che diventino daini e cacatua? Sforziamoci di difendere le nostre terre dall'Invasore, che avanza protetto dalla Luce begli Occhi!>>

Le difese di Nimafol erano basate su sei mura a forma di pianoforte: in caso di assedio delle mura, i tasti crollavano a terra lasciando agonizzanti moribondo e nemici falciati.
Sopra a tali mura gli scoiattoli, veloci per potersi spostare di tasto in tasto.
La Difesa Interna, che proteggeva la Torre dei Cervelli Sconclusionati, era fatta di intricati rovi e sacchi d'acqua: nel caso qualcuno avesse incendiato la siepe, l'acqua avrebbe bloccato il fuoco.
Il Grande Saggio avanzava con passo felpato sulle mura esterne, indicando l'alba che si alzava all'orizzonte.

Un nuovo giorno cominciava. E affrontarlo, come era stato dall'inizio dei tempi, sarebbe stata dura.





Il bello di questi racconti è che partono accompagnati e finiscono da soli, come bambini che imparano ad andare in bici senza rotelle.
Quanto amo l'Assurdo, mio figlio e mio padre!

lunedì 27 agosto 2012

Parlo di Fratelli


La Crociata dell'Assurdo contro le mura della Convenzione l'ho sempre vista come un povero Don Chisciotte (io) che si scaglia contro i mulini a vento (la matematica, le scienze naturali, le papere e le formiche; forse le api).
Non pensavo di trovare qualcuno disposto a darmi una mano, o una zampa, un altro seguace del Formichiere, qualcuno che prestasse la sua sapienza Assurda per sconfiggere il nemico, mondano e ripetitivo.

Sono stato trovato, svenuto e privo di sensi: l'ispirazione letteraria non mancava, mancava qualcosa di più importante, la Sensazione letteraria, parzialmente recuperata con il racconto Giallo-Noir dell'altro giorno.
Mi mancava quel fuoco sacro e peloso che mi fece parlare di Formichiere, colibrì, ponti parlanti, sfilate di cavalieri, sogni, inservienti e serie tv. Quello stimolo che mi fa ancora pensare a fenicotteri gialli e a che belle foto che verrebbero se tutti i procioni si togliessero la maschera (per una buona volta).
Sono stato trovato dai ragazzi de "L'Assurdo" (http://lassurdoblog.blogspot.it/), mentre deliravo su giganti e ciambelle.
E la Sensazione letteraria è tornata, di getto, come quei bei fiumi in piena di cui parlavo nei primi mesi per descrivere la mia mente, sommersa dalle idee del Sacro Anteater.

Questi ragazzi si occupano di tutti i sogni che da solo non ho mai sperato di sbandierare: coinvolgere nell'Assurdo musica, poesia, letteratura, arti figurative e quant'altro.
Una vera e propria Utopia Assurda (nella speranza, visto che è Assurda, che si realizzi).
Si occupano di perle di saggezza, di critica alla società, di ornitorinchi, di storie d'amore, di racconti che fanno riflettere, di poesie fatte solo per essere musicalmente accompagnate nel loro decorso.
Di australopitechi, di politica, di motoseghe, di autobus e del  "Dio Cavallo, l'unico Dio che è Uno E Quino".

Sentirete ancora parlare di loro, da me, e, se seguite il mio consiglio, dal vostro PC, inserendoli nei vostri vari Google Reader.
A loro vanno i miei più sinceri complimenti.
E il mio ringraziamento: che la vostra missione trionfi, come il pappagallo colorato che sfugge dal nero serpente della Convenzione.

venerdì 24 agosto 2012

Sano Delirio, in Giallo-Noir

Mi manca un po' il vecchio Assurdo, quello dove al mattino mi alzavo e sparavo una caterva di cagate su un Blog che è nato per mio divertimento. Insomma, quando ancora le statistiche erano basse.
Oggi ci ho dato un'occhiata, e ho porca vacca! Più di 1100 visualizzazioni! Per circa articoli! Il che facendo due calcoli veloci porta a 30 visualizzazioni per articolo. Cavolo.
Sono commosso.
Ma al di là di quello, per tornare all'inizio del mio contorto discorso, questo Blog è nato per me. Per farmi sfogare, per liberare la mia mente da quei colorati fantasmi che la assediano continuamente.
Se mi leggete, vuol dire che vi piace, se non vi piace, non leggetemi. Vi voglio tanto bene lo stesso. Perché ora, come nove mesi fa, voglio divertirmi, e se vi divertite anche voi, tanto meglio.

SANO DELIRIO, IN GIALLO-NOIR

Birra. Cruda che cade sulla mia testa calda, mentre attendo che quel maledetto procione bussi alla finestra. O alla portiera, non so mai da che parte si avvicini. 
E speriamo che si sia ricordato la parola d'ordine.
<<Carretto, ricordatelo>>
Spero non siano state parola al vento.
Bussa dal pavimento.
<<Parola d'ordine>> gli faccio pigramente, mentre spengo il phon.
<<Carretto, ricordatelo>> risponde lui. Dal suono della voce sembra stia mangiando una ciambella. Ora mi sente.
Entra che ha già deglutito.
<<Mangi sempre in servizio, Richard. Ti ricordo che più di un procione è stato scacciato dai Vigili del Fumo per questo motivo.>>
Lui mi guarda con i suoi occhietti mascherati, nega debolmente. Mi ha sempre visto come un maestro, solo perché la prima volta che ci siamo visti indossavo una lavagna. Un bel vestito gessato, di colore verde: me lo aveva regalato un Quadrato, compromesso in un traffico di lampadine importate di contrabbando a Venezia. Tutti sapete che a Venezia le lampadine sono state vietate dal Doge (che mi immagino come un uccellaccio pieno di soldi, sporco come un gatto e leccapiedi come un piccione. Maledetto Doge) per evitare altre morti di gente che avvitava lampadine sott'acqua.

Quella sera la stessa cosa. I ranocchi avevano comprato un carico di prolunghe per tenere sotto scacco la città della Laguna, ma questo aveva fatto scattare le attenzioni della gang dei giganti, mai contenti della loro situazione.
Come fa un gigante ad agire nell'ombra? Frustrante.
I giganti avevano dunque corrotto alcuni scaricatori di porto, che per guadagnare sulla lista spese avevano a loro volta corrotto delle gazze ladre.

Appoggio il gomito fuori dal finestrino. Le trombe della cattedrale squillano roche nella sera, suonando un sacro jazz di benvenuto. Il porto ci sputa addosso. Peccato che abbia appena fatto lavare la macchina.
<<Allora Richard, lo sai qual è il nostro compito stasera?>>
<<Allora. Il traffico di diamanti che copre le prolunghe sta per essere scoperto dalle gazze ladre assunte dai giganti, e le ranocchie sono davvero nei guai. Dunque arrestiamo quei due rospi laggiù, eliminiamo le prolunghe. Poi aspettiamo le gazze, tiriamo fuori una confessione, e arrestiamo le pedine grosse.>>
Lo guardo. Troppo giovane per capire, troppo giovane per fingere.
<<Sei in arresto, Rick>>
Non resiste neanche, nemmeno una lacrima gli scorre sul pelo.
<<Come hai fatto a beccarmi?>>
<<Lo sanno tutti che le ciambelle le mangiano i giganti. Devi imparare a masticare meglio, Rick.>>

Quanto mi sono divertito a scriverlo. Liscio come la plastica dei giochi per bambini.
Ah, per il migliaio di visualizzazioni. Grazie

giovedì 23 agosto 2012

Il Dio del Nulla - Opera Multidimensionale in sette movimenti

Piccola introduzione: sono rimasto talmente affascinato dal racconto fantascientifico-matematico di Abbott da sentirmi dentro il sacro fuoco dell'Ispirazione, divina Ape Regina che tutti cerchiamo nel bosco quando spesso è nel prato a riposare.
Ebbene, non me la faccio scappare.

A Edwin Abbott


IL DIO DEL NULLA

MOVIMENTO PRIMO o del Punto

Buio.
Incredibile buio, spalmato tutto intorno all'Universo.
E l'Universo finisce dove io finisco. Io. IO.
Ave a Me! Potenza dell'Universo, Io, l'Universo in Se Stesso!
Io esisto, solitario membro di Me Stesso, Essere Unico, Perfetto, iniziato e concluso in Me.
Non ho nulla da osservare: quello che è fuori, il Nulla, dicotomia necessaria, non mi interessa. 
La Riflessione di Me, unica arte, unica bellezza, unica religione. Unica passione, unico amore.
Ammiro Me, e in Me mi ammiro.
Solitario come pregio, Solitario come necessità.
Io penso a tutto, e tutto è il mio pensiero.


Commento: Il Punto comprende solo se stesso, la sua finitezza, e tutto ciò che interviene dall'esterno egli lo vede come una parte del proprio pensiero. E' molto difficile descrivere il punto di vista del punto: provate ad immaginare di essere un Universo, e avere sotto controllo ogni particolare del Tutto (che siete voi), senza alcuna nozione di pluralità.

MOVIMENTO SECONDO o della Linea

Infiniti siamo, Infiniti ci distendiamo!
Tagliamo il Nulla portando la Perfezione della Retta, dell'Infinita disposizione di punti: senza la Retta non siamo niente, e senza di noi Nulla è la Retta.
Il Punto è superato, l'avvento del plurale ci porta a contemplarci e a contemplare, ad ammirarci, a stringerci, ad Amare.
Il Punto è superato: solo, non conosceva l'Amore, nostra invenzione, nostra vita. 
Che il nostro canto riecheggi nei secoli e nel Nulla, a manifestare la creazione della Legge Universale, la Bellezza dell'Amore.

Cantiamo della nuova era, della bellezza del Canto, della conoscenza, non del tutto, ma di un altro individuo: dell'Amicizia, dell'Emozione.
Cantiamo la Conoscenza dell'Amore.

Come può chiunque altro aspirare a noi? Noi che abbiamo inventato l'Amore, l'unione tra due individui, il canto della passione?
L'Amore è la perfezione, e noi abbiamo inventato entrambi.


Commento: La Linea, in quanto insieme di Punti, arriva finalmente alla pluralità, e con la pluralità, conosce l'Amore.

MOVIMENTO TERZO o del Triangolo Equilatero

Ammirate la mia Perfezione!
Dal brodo primordiale del Piano, dove le figure geometriche sguazzano, Irregolari, crogiolandosi nella loro imperfezione.
Tre lati uguali.
Geometria, apriti come un libro davanti alla mia voglia di Sapere!
E' il Conoscere il vero spirito, l'avanzare della società: evolversi verso una bellezza dovuta dalla conoscenza assoluta.
Razionalità, Razionalità!
Le emozioni sono per le donne, deboli spilli assolutamente irregolari, indegne del processo evolutivo di tale nobile Geometria.
Nella speranza che mio figlio sia un quadrato...


Commento: Il Triangolo Equilatero rappresenta l'inizio di una società dove la Ragione sorpassa l'Emozione, e la Geometria soppianta l'Amore.

MOVIMENTO QUARTO  o del Circolo

Infiniti lati, infinita Bellezza!
Sovrano della Geometria, mi elevo al di sopra dei miei padri, giudicando la sorte degli Irregolari e degli Isosceli.
Fine di una catena evolutiva perfetta, padre di una prole destinata alla grandezza: Flatlandia intera si piega davanti alla nostra casta.
Signori della Matematica e delle Scienze Minori, cima di un triangolo sociale.
Flatlandia con noi si pone al di sopra della Retta e del Punto, elevandosi in ogni direzione dell'Universo.


Commento: A Flatlandia il Cerchio è in cima alla società, e dunque, nella concezione bidimensionale, il punto più elevato dell'Universo.

MOVIMENTO QUINTO o dei Solidi

Cubo
Prendete un quadrato di lato l e spostatelo verso l'alto (ma non verso Nord): lato alla terza.
Io, il Cubo, mi elevo su Flatlandia, tridimensionale; tutto ciò che compone il misero Universo delle due dimensioni non è che un enorme libro in cui io sono il narratore onnisciente.
La Terza Dimensione sorge, elevandosi davvero verso il concetto di Cielo.
Siamo Alti.

Sfera
Come i Cerchi comandano a Flatlandia, a Spacelandia comando io. 
Dio dell'Universo, forma finalmente perfetta, degno Conoscitore di tutto ciò che si sviluppa intorno a noi.
La mia missione: illuminare la mente svogliata e povera del Flatlandesi, troppo impegnati nel Piatto per pensare al Profondo.
Il nuovo Vangelo parla di Sfera, levigata perfezione Geometrica.
Io sono la Reale conclusione a tutto, la Matematica si ferma con me.

Commento: Il percorso geometrico si conclude così. La Sfera in cima alla piramide evolutiva, talmente cieca da non pensare a nulla oltre di lei.

MOVIMENTO SESTO o del Formichiere

Stolti esseri, e stolta maggiormente tu, dannata Sfera!
Giungo dall'Assurdo, la Regione delle Dimensioni Infinite!
Credi nella perfezione Matematica, figlia della più bieca Convenzione! Credi nella tua bellezza quando non hai mai visto la lucentezza del meno colorato dei Tucani!
Elogio il multicolore e il multidimensionale: anniento la tua freddezza razionale immaginando pesci lunghi come spilli che sguazzano in mari dalla densità multiforme; immagino lancieri che assaltano mura di gesso con secchielli e palette, per poi scoprire che le mura vivono solo nelle loro esili menti.
Immagino un mondo talmente ricco di forme e colori che le sfere vengono usate per essere prese a pinghelle in spiaggia o peggio, a calci, da bambini.
Immagino una bellezza con più sfaccettature di quanti peli abbia la mia coda: immagino peluche senza denti che mi baciano mentre cercano di mordermi, paesi senza guerra dove le maggiori preoccupazioni derivano delle posture di un armadillo gigante.
Immagino il TUTTO, sregolato, senza vincoli, e finalmente senza confini.



mercoledì 22 agosto 2012

Consigli per la lettura: Flatlandia (Edwin Abbott Abbott)

Nella mia solitaria peregrinazioni per le gravide corsie della libreria, luogo di ambiguità (mi attrae sempre e vorrei non uscirne mai, ma vorrei uscirne per andarmene a leggere sul divano) vengo attratto da un libro verde sbiadito, come quello del vetro chiaro rimasto troppo a levigarsi al sole.
Lo prendo in mano, lo studio: se era vicino a Sua Maestà la Guida Galattica per autostoppisti doveva esserci un valido motivo, oppure il gentile proprietario della libreria avrebbe assistito ad una scenata degna di un calabrone.

Flatlandia recita il titolo: edizione economica, un disegno in bianco e nero abbastanza assurdo per i miei gusti (rettili di carta, congelati su una scrivania di stampe e riquadri artistici) e un titolo che vale la pena di approfondire.



Bello, la copertina verde mi è sempre piaciuta. Attratto da ciò che il libro promette mi avvio a casa, prendo i soldi e me lo compro.

Racconto fantastico a più dimensioni.
Uno si immagina scimmie a forma di tetraedri che si livellano ad un teoretico foglio bianco, rendendosi a due dimensioni: altro modo per dire che mi aspettavo un libro superficiale (e l'aggettivo non ha nulla a che vedere con la bidimensionalità dell'opera).

Dalla prima pagina dell'introduzione comprendo che le mie lambiccose ipotesi, prime ipotesi, erano sbagliate come al solito.
Un abate si è dato da fare su un trattato di fantascienza matematica, e non ieri, ma agli inizi del secolo scorso.
Si parte!

Un mondo a due dimensioni: immaginate di non conoscere assolutamente la dimensione che dona altezza agli oggetti. Il tutto accompagnato da un trattato di sociologia assurda talmente affascinante da farmi pensare che anche questo abate abbia avuto a che fare con il Formichiere.
Ogni regola, piatta convenzione sociale viene esposta dalla fervida immaginazione dello scrittore: la passione del lettore viene aumentata da particolari, caramelle per la mente deliziata dall'estasi della quadratura del cerchio.
E il passo in cui un quadrato riesce a comprendere il cubo, non avendo assolutamente idea della terza dimensione, geniale!
Dio per questo quadrato è una sfera, tanto perfetta quanto incomprensibile.

Con la stessa brillantezza l'autore ci accompagna a Linelandia, il regno delle linee, ad una dimensione sola!
E Pointlandia, il Reame del Punto, solitario essere che non comprende nemmeno il significato del due, tanto che quando il quadrato gli rivolge la parola, egli crede che sia il suo stesso pensiero a manifestarsi.

Un libro fantastico, che apre gli occhi a noi poveri tridimensionali sul regno del lato alla quarta, la quarta dimensione, e dopo la quarta, la quinta.
Infinite dimensioni stanno sopra alla nostra.
Ed ogni dimensione, credendosi completa, non fa nulla, o quasi, per avviarsi verso il gradino successivo.