mercoledì 25 dicembre 2013

D.

Prese il coraggio a due mani e lo lanciò in aria confondendo i nemici che stavano davanti a lui.
Infami robot, i believer: credono al contrario esatto di ciò che qualcuno gli dice, infischiandone della logica e assolutamente della sacralità delle forme di vita.
D. scartò di lato, con i robot confusi che cicolavano negli angoli della stanza.
Lo scafo della Proeliator era un enorme ammasso di cadaveri, saldati insieme con il filo di ferro; uno spettacolo ributtante, mentre stormi di piccioni vi facevano la tana ed educavano i pulcini.
"Sicuro migliore di Oxford", pensò D.

Corse giù dagli scalini, alla ricerca del ponte di comando; il motore a scardinabilità improbabile era assolutamente da aggiustare, mentre la nave precipitava verso la città principale del pianeta Gallafroniscatorix.
D. aprì un canale audio verso l'ufficio del sindaco.
<<Mi servono sei elicotteri, un demolitore quantico e dodici ranocchie. Ah, una banana, per favore>>
Il sindaco non era nella posizione di discutere.
<<Me le mandi tutte a queste coordinate tramite disgregatore molecolare>> riprese D.
Un lampo giallo indicò l'arrivo della merce concordata.
Sibilini fulmini turchesi correvano sulle pareti, mentre i controlli cominciavano a fondersi come burro. Il sistema di autodifesa della nave aveva capito che i comandi erano usati da un unbeliever.

D. prese il materiale, rocambolando alla ricerca degli ultimi robot superstiti.
Usò il demolitore quantico per aprire una breccia nella spazio-tempo, consegnando il proprio coraggio a se stesso nel passato, per poterlo lanciare in aria.
Prese poi le rane, sfruttando la loro viscosità per scendere nei meandri della nave.
Le tavole da surf biologiche esaurirono il loro potenziale esattamente davanti alla sala macchine.
Lo stantuffare della nave era incessante: trapanio asfaltiani rivoltavano la materia, ricavando energia grezza; i limpidari di Ranggxar trasformavano l'energia grezza in carburante, mentre un flessibiltubo da 80 valvoni conduceva direttamente al serbatoio della nave.
D. sbucciò la banana e la mangiò tutta, con gusto, assaporando il giallo.
Prese poi la buccia e la infilò nel flessibiltubo, lasciando che il potassio facesse il resto.
I believer, controllati direttamente dai motori centrali, smisero di funzionare, mentre D. osservava gli elicotteri agganciare la nave spenta dall'oblò.
"Odio il Natale", pensò D.

domenica 24 novembre 2013

Ritorno alla Libertà

Mesi e mesi passati sotto montagne scarafone di libri, codici e appendicoli da studio; la luce in fondo al tunnel era una mera sirena, lampadina sul comodino, sempre accesa, minacciosa.
La prigionia sfianca e quello che volete: ma soprattutto, ammazza la creatività.

L'ispirazione arriva tardiva, sotto le coperte, nel tentativo estremo del dormire. Ho ben più di un mese di repressione da sfogare.

Lasciatemi ballare con l'Assurdo.

L'allarme svegliava i prigionieri, stentati esseri dalle parvenze di falene. Legano al letto il procione prima di partire, dormistanchi arrancanti.
Lo squadrone alza la bandiera, salutando l'aereo a forma di pagliaccio.
"Generalissimo, come vedete i delfini non creeranno problemi alla tournée di giovedì. Godiamoci lo spettacolo."

Antistante la batteria di regime, assolutamente inconscio della figura del tremante baldacchino, mi ergo alla ricerca del sonno perfetto. Si abbattano sogni, cuscini e letamai di luculliane domeniche passate all'ombra di una tavola.
Lasciate stare i comodini e concentratevi sulla luminescenza del perché.
Domani non saremo che polvere di fata, che trotto di pipistrello, che jolly di spade.
Domani non saremo che formiche davanti ad un ricco uomo.

Il torneo purpureo si staglia nella notte dei tempi. Installate quello che volete, sui bastioni; installate quello che volete, sulle torri d'avorio. Installate quello che volete, alla ricerca del sonno.
La visione è nitida: il Maestro ha paura, io arranco nella dualità del mio essere. Ma l'ho visto: nero e barbigliante, il lato oscuro della risurrezione della luna.

Dualismo che permette evasione: finalmente la Luce.

Ciao, Formichiere, mi sei mancato.
Respiro a pieni polmoni tornei medievali, la musica dell'eterno muro dipinto, la gioia delle giornate caminose, davanti a un croccante e a un barattolo di miele.
Il potere dei libri ci deve divertire e angosciare: librovori, nel fondo del sottosuolo, si divertono tra pelle e carta, incendiando solo le menti dei giovani poeti.
Partiamo nel sottosuolo, per raggiungere il cielo.

Avete mai notato la schizofrenia della corda di una chitarra? O di quanto sia effimero un pomeriggio di dicembre?
Il senso della vita sta nel battito della corrente, nel luminare del Natale. Il senso della vita sta tra gli ultimi della fila, tra i primi e tra quelli in mezzo; il senso della vita sta dove gli pare, ma credo che odi gli estranei.

Beato il folle nella notte del pianoforte: solo lui coglie la musica delle stelle.

Tentenno tra le vetrine, rigurgitando tutte le leccornie di una notte di sonno tranquillo.
Una vaga sensazione mi percuote.

Possibile che dietro a tanto riposo ci sia così tanto lavoro?

domenica 6 ottobre 2013

Mi scusi, signora Matematica

Siamo qua! In fondo ai tuoi pensieri, mentre il Razionale ti annega subissandoti di numeri e aragoste! Ah! La dolcezza della crosta numerica, dell'inforchettata di spline, del Razionale che imbocca la mente! Credere di poter spiegare tutto, la presunzione della Matematica!
Possiamo forse spiegare attraverso somme, integrali e direttive matematiche la bellezza del tramonto, mentre i pesci cantano della Laguna di Diamanti?
Possiamo pensare di ingabbiare in Leggi, Postulati e Teoremi l'insondabile bellezza della cuccuma fischiettante, del caldo tepore di un barbagianni, del lancio della trota?
Parlate con Euclide del pelo del Formichiere, della lucentezza del marmo e dello splendore del sabato.
Parlate con il Razionale.
Parlate con la Convenzione.
Imbrogliarla è facile, se ve la sentite.
Imbrogliarla è facile se avete Santiago come amico, se siete svegli da due ore e se avete bevuto un bicchiere di latte sbarazzino.
Imbrogliarla è facile, se sapete che campanelli suonare.

Quando entrai nella stanza, la Convenzione era seduta su un tavolo bianco, di legno, ordinato e pulito. Faceva calcoli con una grossa calcolatrice, e scriveva i risultati intermedi su un foglio, perfettamente allineato con la scrivania.
La matita con cui scriveva aveva sempre la punta, e non una briciola di grafite cadeva per terra.
La perfezione è bianca e luminosa, ma estremamente noiosa.

<< Signora Convenzione, posso farle un paio di domande? >>
<< Ma certo figliolo, ma alla svelta che devo far di conto. >>
<< Non mi chiami figliolo, la prego. Non siamo parenti, né da parte di madre, né da parte di animale domestico. >>
<< Faccia la domanda, che il tempo scorre. Sa perché scorre il tempo? L'ho inventato io. Altrimenti sarebbe tutto un battibecco di persone, luoghi e avvenimenti disordinati. Il continuum mi permette di dare un ordine allo scombinato, al caos. E nessuno si augura il caos. >>
<< Ne potremmo discutere, ma non era questa la mia domanda. Se permette, posso... >>
<< Immagino lei voglia chiedermi del perché abbia inventato le leggi. Beh l'Universo deve avere delle regole, capisce. La faccenda dell'ordine. La disciplina dell'Universo dev'essere garantita, altrimenti sarebbe il caos. E nessuno desidera volontariamente il caos, mi segue? >>
<< Fortunatamente non la seguo. Ma posso farle la domanda? >>

<< Lei vorrà chiedermi della Matematica, allora. >>
<< In un certo senso. Allora vado con la domanda? >>
<< Beh la Matematica è la mia grande invenzione. Un capolavoro, la madre di tutte le Scienze. E se si dovesse chiedere chi ha inventato le Scienze, beh sono stato io. Per dare un ordine a tutte quelle discipline che non rientravano nella purezza della Matematica. Capisce, non si potevano tenere le approssimazioni nella Matematica, non senza regole rigide. L'imperfezione porta al caos. E non le ripeterò di certo che il caos non lo vuole nessuno. >>
<< Io non le ripeterò che questo non è quello di cui voglio discutere. Io devo farle questa benedetta doman... >>
<< FACCIA LA SUA DOMANDA, ESSERE PELOSO, E SE NE VADA! Devo finire i miei calcoli, mi ha già fatto perdere troppo tempo. E il tempo è Convenzione, se lo ricordi. >>
<< Lei ha detto che la Matematica è la Perfezione, la spiegazione finale, la madre di tutte le leggi. Nemica del caos, e dunque nemica dell'assurdità e del profano, giusto? >>
<< Certamente. >>
<< Si può dire che la Matematica è la Razionalità allo stato puro, giusto? >>
<< Esattamente. Vada al sodo, le ho già detto. >>
<< Mi spieghi una cosa allora. Perché, se la Matematica è razionalità allo stato puro, deve dimostrare alcune cose per Assurdo? >>

Tutto ciò che rimase furono la scrivania, il foglio e la matita, mentre mi girai per andarmene, le mie scarpe scricchiolarono mentre schiacciavano qualcosa a terra.
Mi chinai, e con mio gran stupore, trovai una mina da matita, completamente sbriciolata, e il segno nero che la sua rottura aveva provocato sul pavimento luminoso.

domenica 11 agosto 2013

Antologia di Comprensioni

Del Computer o del passato
Ignorando bellamente il sole che bussa stranito a mari di sogni avariati, mi infango la mente tuffandomi nel computer.
Cavi, tralicci e scosse di genio rampilongano sulla mia colonna vertebrale.
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Ma davvero?
Non credevo nei binari senza treni. Almeno, non un paio di anni fa.

Della bolla o della Religione
<<Ma pensa che bolle spari, prima di parlare? Cosa siamo? Anatroccoli?>>
<<Sia per sempre lodato il loro nome.>>

Del Luppolo o del bere
Ancora, sempre più, come se non fosse mai stato giusto.
Ancora.
Di più.
Annichiliamoci, mentre un amarillico gigante solletica la nostra sete.

Di Madre Natura o dello spegnere
Credo sia orsa di andare a letto. Gli ippopotami hanno smesso di brillare.
Non dobbiamo sentirci straniti dalla vita della giungla; se abbiamo scelto la capanna piuttosto che il cemento non dobbiamo spaventarci alla prima zanzara, al primo scaffale senza libri.
Amare la natura vuol dire non spegnere mai un ippopotamo.

Della corazza o dello Stolto
Solo gli stolti parlano di politica senza informarsi. Gli stolti e gli armadilli.

Dell'Assurdo o delle figure retoriche
Assurdo è ciò che crediamo di poter colorare con la lingua, annusare con gli occhi. Maledetta sia la limitatezza della sinestesia, e lode infinita alla sineddoche traslata.
SINEDDOCHE TRASLATA: l'"a caso" per la parte.

Del tribunale o della Battuta
Analizzando al questione dal punto di vista della trota sembra proprio che nella disputa legale il calabrone avesse ragione del comodino, nonstante l'ottima aringa del suo avvocato.

Del viaggio o della Comprensione
Non cercate di capire ciò che sto scrivendo: sarebbe come far passare il Sole attraverso un ponte di barche.

martedì 30 luglio 2013

Chiacchiere da Salotto

La signora Rochester e la signora Mittermeyer amavano crogiolarsi sul muffito divano del salotto, arrampicandosi su storie più grandi di loro.
Amavano il piatto confabulare domenicale, davanti a banalità quali the e biscotti, irridendo lavandaie e ortofrutticoli.
<< Ascoltando Bach la settimana scorsa ho ricordo di quel cinciallegro di Raimondo, sì caro e pescoso; ti ricordi che assomigliava ad un polpo quando tornava dagli allenamenti di volano, mia cara? >>
<< Non erano allenamenti di volano, ma umili e sbrindellate serenate alla persona della Mariamaura, amabile ragazza immaginaria delle paludi di Corinto. Saltuaria presenza la sua; un coccodrillo più che un armadio. >>

Le due signore si guardano tremebonde negli occhi: la sfida è aperta. Chi ricorda più futilità?

<< Già, già. Ma devi ammettere che mentiva a riguardo molto bene, mi confuse sempre con le sue storie rimbalzanti. Molto ambigue. Per esempio, non era lui che aveva mangiato un intero albero di mele, insieme a Demetrio il parpasauro? >>
<< L'albero era di broccoli, ed era sempre insieme a Mariamaura; ma sì, l'aveva mangiato quasi tutto, effettivamente.>>

Due punti per la signora Mittermeyer nei primi minuti, come sempre. La signora Rochester faceva fatica a starci dietro, l'amica sul pettegolezzo era sempre mezza gamba avanti.

<< Ma sei sicura che poi si siano sposati? Avevo sentito dire che volevano fare la luna di miele prima del matrimonio, ammazzando tradizioni e canoni legislativi. Assolutamente assurdo, ma me lo potresti confermare? Perché dicono che Mariamaura sia sempre con un giovanotto di bell'aspetto, di almeno vent'anni più giovane di lei. >>
La carta finale della signora Rochester, una chicca impastata e rollata con abbastanza aglio da irrigare una pianta di patate. Assolutamente imbattibile, e proveniente da fonti ricciosamente preponderanti ed affidabilmente intransigenti.
<< Beh, si, ma non ha mai lasciato il brillante Raimondo. Il giovine esuberante ed imberbe è il loro figliuolo, nato ben prima dell'anticipata luna di miele. Si chiama Sandrolo, un ottimo partito preso, e assolutamente ricalcolato.>>

La signora Rochester ci rimase di sasso.
"Come diavolo fa a conoscere fatti e parlaffi di una coppia intransigente e riservatamente ostile alle calunnie del popolino?"
L'altra vecchietta aveva vinto di nuovo, e con un affondo paurosamente incipriato.
Maledetta bisbetica e tronfia gallina, che perdeva tempo con queste chiacchiere da salotto.
Se l'avesse chiesto, avrebbe scoperto che Raimondo era il figlio della signora Mittermeyer.

domenica 7 luglio 2013

Delirio da Febbre II

Come sempre la febbre è croce e delizia per lo scrittore Assurdo: nel sonnoveglia, mi ci butto.
Ascoltare progressive rock mentre si cerca di dormire con trentotto di febbre è forse il miglior esperimento di sempre.

PRIMO MOVIMENTO
Fate marciare l'esercito dell'Assurdo, con i suoi topolini e le sue trombette, mentre si svolge il matrimonio della Chiesa di Rasputin.
Campane sdindongano alla luce di un radioso sole di luglio, squagliaformaggio, mentre gli accoliti innano alle altezze del cielo le bellezze di un domani rosa e ricco di confetti e bignè.
"Vi prego signori, lasciatemi tuffare, in senso biblico"

SECONDO MOVIMENTO
Pomeriggio di campagna in brezze leggere, con donne che salgono scale di panna. Ascensione al cielo e promiscuità: il caldo non guarda in faccia nessuno.
Ascoltate il sussurro della festa nobiliare, mentre panda colorati si condividono tazze di the dai sapori esotici. Un armadillo suona un pianoforte di latte, ricordando noti dolci come la notte più nera.

TERZO MOVIMENTO
La messa finisce nel tripudio di un esercito in marcia, mentre trullanti tamburi scagliano le loro voci di coraggio oltre le mura del nemico.
La città saluta gli eroi, mentre l'ultimo soldato lancia uno sguardo commosso alla sua torre di giada, piangendo lacrime color albicocca.

QUARTO MOVIMENTO
Alieni tra mucche e cavalli in un deserto di polvere e speroni. Farina del demonio, chiamano la sabbia più rossa.
Non importa il sangue di chi l'ha bagnato: sarà sempre asciutta, arida e cammellosa.
C'è tutto ciò di cui un cavaliere solitario, un ranger, ha bisogno.
Galoppa verso quell'enorme biscotto che chiamiamo sole.

QUINTO MOVIMENTO
La vita di città riempie le orecchie di proiettili di acciaio, mentre Ascol lo sperone trotta per la sua via, alla ricerca del criminale dell'ultima ora.
"Dai ragazzi," urla a un branco di procioni intenti a rubare caldaie "tornate a rubare domattina, e lasciatemi bere il mio frappè".

SESTO MOVIMENTO
Cabinato essere, librati in aria verso la pista delle stelle. La tua Principessa è in un altro castello, color pesca, ma smettila di ascoltare ortaggi e balla il ritmo ancestrale delle ruote di carro.
Sorpassa l'infinito, e giù per la discesa.

SETTIMO MOVIMENTO
Il riposo del guerriero, atteso e riverito, mentre coccodrilli piangono i suoi commilitoni morti dalla nostalgia del cappone.
Sento odore di brodo, e di tristezza.
La trilogia della cucina si trasmette nel naso dei passanti, che affacciatisi alla finestra, rubano una fetta di crostata, e via a dar da mangiare ai colibrì.

OTTAVO MOVIMENTO
Il coccodrillo danzerino apre lo sparo dei cannoni. La trincea si mescola al fango, mentre donne selvagge si avventano come pioggia sui soldati sfatti dalle farfalle e dai bruchi.
"La giungla inghiotte anni e anni di sapere, ricordatelo"
Stiamo combattendo contro la Memoria, ed essa per schernire, suona uno xilofono.
"Non guardare il mostro che sono: sono infatti divenuto umano" è l'urlo straziante della giraffa.

NONO MOVIMENTO
La marcia del ritorno in patria è un felice funerale.

sabato 29 giugno 2013

Sabba!

Araldi di tempi andati si affacciano fantasticando sulla notte del Sapere.
Non provocate chi veglia sul Guardiano! 
Gli stregoni ballano il sabba dei manifesti.
Saltellate intorno al fuoco, 
mentre streghe inalano monti di pirici oggetti, 
e le narici diventano caverne da cui 
gli occhi non riescono a fuggire.
Sabba! Sabba!
Terrore nella notte, 
che corre sui pipistrelli appollaiati, 
come torri pendenti, 
che corre 
nelle urla delle puerpere e nei vagiti 
di chi vivrà poco.
Sabba! Sabba!
La visione vuole quattro antichi,
legati da
giuramenti sul fuoco: 
quattro, non uno di più, e il Patto 
reclamerà le sue vittime.

Lasciate correre la paura. Lasciatela galoppare per i prati, nel fruscio sciabordante dell'erba nella notte.
Sabba! Sabba!

martedì 28 maggio 2013

Delirio Onirico: Il tempio del Gatto di Marmo

Mi trovo nella valle dei templi neri, sbarluccicanti nella voce di chi prova ad essere ciò che vuole.
Due corvitorre si avvicinano a me, scampanellando nella notte che l'ora giungerà solo se ne ha voglia.
Laghetti di catrame accompagnano con il loro canto lagunare la mia avventura, ricordando agli scoiattoli che mi sono perso, e non tornerò mai più al mio villaggio di sogni e batuffoli di cotone.
Sputo per terra e raccolgo un'anice, rammentando di quel gambero che fumava racchette da tennis.

<<La mia voce proviene dal secolo scorso, ti prego di non raccogliere anici o frutta di alcun tipo. La valle è stregata, e il gatto di marmo si trova ben più in là della tua gamba.>>
A parlare era un uomolago, essere più pesce che cervo, capace di nuotare anche nell'aria, se l'umidità passa il livello caramello.
<<Perciò uomo torna indietro, o vai da un'altra parte, poiché uno scoiattolo mi disse che ti sei perduto.>>
Gli rispondo con un calcio e proseguo.
Orologi di gatto si squagliano intorno a me, facendo scappare fagiani e uova di pasqua con gran chiasso.

L'entrata del tempio è una porta di giganteschi cubetti di ghiaccio: prendo il catrame e con l'accendino del gamberoracchetta faccio sciogliere la barriera frigida, inondando pipistrellitorce e cornacchielanguide.

Il tempio del Gatto di Marmo è una struttura più antica del tempo stesso: il grande Formichiere lo creò dal suo pelo più rigido e sinuoso, e da lì sta torreggiante e gagliardo, salvo al suo compleanno che si pittura di salviette e inaugura musei di arte contemporanea.
Si dice che le sue pareti siano fatte di Assurdo puro, e che nessun uomo possa varcarle indenne.

Avanzo con fare cauto.

Chi ha bussato all'Assurdo, stolto uomo di poca fede che ti avventuri, tutto solo, tra chi creò la vita oltre la Ragione?
La voce mi sovrasta e continua a ripetere il suo monito, ma avanzo. Le visioni cominciano ad essere insostenibili.

Mura di liquidi caramelli si sciolgono in camicette da uomo, mentre inalo tipi di dato estremamente suscettibili. 
Una vasca di ragù piomba su quattro persone che leggono la pagina 42 di un giornale giallo, mentre sullo sfondo ballerine hawaiane salutano gli avventori robot di un pub di inesistenti cocktail al ramarro.
Colori come il tavolo, il bidone e il bisonte si mescolano in bicchieri di trapani, trapezi squadrati che mi guatano con l'aria di chi conosce il mio essere.
Lecco la parola d'ordine mentre un rinoceronte mi chiede cortesemente che ore sono.
Languido mi corico nella via trafficata, mentre ai miei lati sfrecciano supermercati, carretti di robivecchi e cavalieri: giusto un'armatura si apre come un finestrino e riesco ad entrare nella stanza successiva.

Le visioni peggiorano.

Scuro come il sole un amico di vecchia data saluta con la mano sette strani conigli che cantano di una rana sola mentre i saltellanti ombrelli mangiano fenicotteri al silicio mi avvicino ad uno quelli per sussurrargli parole di latte, ma mi beccano con oggetti di forma triangolare e tiro una maniglia.

Stanza successiva. Il sudore mi cola come una cascata, e la paura inizia ad accarezzarmi la schiena.
Le visioni toccano vertici di Assurdo improponibili.

Lavitascorrecomeunfulmineediostoquaagurdarlamentrelavitascorrecomeunfulmineediostoquaagurdarlamentrelavitascorrecomeunfulmineediostoquaagurdarlamentrelavitascorrecomeunfulmineediostoquaagurdarlamentrelavitascorrecomeunfulmineediostoquaagurdarlamentrelavitascorrecomeunfulmineediostoquaagurdarla

Un loop. Sono finito. Come tutti quelli che hanno provato ad arrivare indenni alla fine del primo dei Quarantadue Templi della Valle dei Templi Neri, sono crollato alle visioni che le mura trasudano.
L'Assurdo mi permea, mi avvolge in una morsa.
Ma non è una morsa dolorosa.
E' estremamente pelosa, e soffice.

sabato 25 maggio 2013

Don't Panic, it's Towel Day

Mi sento in dovere di dover spendere qualche riga in questa giornata di festa mondiale.
Oggi celebriamo l'asciugamano.
L'asciugamano è l'arma dell'uomo civile davanti ai problemi, l'ultimo baluardo di un mammifero che ancora crede che gli orologi digitali siano un'ottima invenzione.

Oggi celebriamo l'importanza di un oggetto che incarna l'Uomo, in tutte le sue sfaccettature.
Se ognuno di noi riflettesse dieci minuti in più durante la scelta del proprio asciugamano, saremmo tutti un po' più felici.

L'asciugamano deve essere l'estensione del nostro braccio: arma e baluardo, coperta per il freddo e ombrello per la pioggia.
L'asciugamano è il biglietto dell'uomo per qualunque viaggio: voi avete il vostro?

Riflettete. Avanti.
Non avete nulla da temere.
Non fatevi prendere dal panico: imbracciate il vostro asciugamano, e vivete sta vita come se fosse degna di essere vissuta.

Grazie Doug, da uno scrittore che ti deve tutto.
E per chi caga il cazzo perché scrivo troppi articoli sul Maestro: che il vostro asciugamano si buchi, ingrati.

"L'asciugamano, dice, è forse l'oggetto più utile che l'autostoppista galattico possa avere. In parte perché è una cosa pratica - ve lo potete avvolgere attorno perché vi tenga caldo quando vi apprestate ad attraversare i freddi satelliti di Jaglan Beta; potete sdraiarvici sopra quando vi trovate sulle spiagge dalla brillante sabbia di marmo di Santraginus V a inalare gli inebrianti vapori del suo mare; ci potete dormire sotto sul mondo deserto di Kakrafoon, con le sue stelle che splendono rossastre; potete usarlo come vela di una mini-zattera allorché vi accingete a seguire il lento corso del pigro fiume Falena; potete bagnarlo per usarlo in un combattimento corpo a corpo; potete avvolgervelo intorno alla testa per allontanare i vapori nocivi o per evitare lo sguardo della vorace Bestia Bugblatta di Traal (un animale abominevolmente stupido, che pensa che se voi non lo vedete, nemmeno lui possa vedere voi: è matto da legare, ma molto, molto vorace); inoltre potete usare il vostro asciugamano per fare segnalazioni in caso di emergenza e, se è ancora abbastanza pulito, per asciugarvi, naturalmente.

Ma soprattutto, l'asciugamano ha una immensa utilità psicologica. Per una qualche ragione, se un figo (figo = non-autostoppista) scopre che se un autostoppista ha con sé l'asciugamano, riterrà automaticamente che abbia con sé anche lo spazzolino da denti, la spugnetta per il viso, il sapone, la scatola di biscotti, la borraccia, la bussola, la carta geografica, il gomitolo di spago, lo spray contro le zanzare, l'equipaggiamento da pioggia, la tuta spaziale, ecc. ecc. E quindi il figo molto volentieri si sentirà disposto a prestare all'autostoppista qualunque articolo di quelli menzionati (o una decina di altri non menzionati) che l'autostoppista eventualmente abbia perso. Il figo infatti pensa che un uomo che abbia girato in lungo e in largo per la galassia in autostop, adattandosi a percorrerne i meandri nelle più disagevoli condizioni e a lottare contro terribili ostacoli vincendoli, e che dimostri alla fine di sapere dov'è il suo asciugamano, sia chiaramente un uomo degno di considerazione."




giovedì 16 maggio 2013

Il vento si infrange - Raccolta di sussurri

"DEL MONASTERO O DEL VENTO
Codici di vecchi manoscritti svolazzano come colibrì liberi nell'aria. 
Il monaco del freddo odiava i gamberetti, gli scampi, ma non le aragoste.
Le aragoste sono nobili.
Sottane si scontrano alla ricerca della folle via del dolore, verso penitenze e celle. cantate l'inno del dolore, ripetetelo mentre guardate il cielo.
Il vento si infrange sulle nostre ossa.

DEL SOLE O DEL PIANTO
Pareti di ghiaccio spaccano gli occhi di chi osa.
Piange la giornata, piange il sole, piange la Barriera.

DELL'OCEANO O DELLA FUGA
Credevo di essere al sicuro, ma mi hanno trovato.
Credevo l'Oceano fosse infinito: invece è solo vasto.

DELLA FIERA O DEL FURTO
Cantilene si disperdono nella sera. Saltimbanchi e pizze, rotonde e trampoli; ammantati si avvicinarono a me. Provarono con il portafogli, ma mi rubarono il sonno."

Le dicotomie mi hanno sempre affascinato. Separandoci un attimo da questi frammenti di storie, ben più lunghe e ricche di significato, si può vedere un quadro d'insieme che prevede nel raccontare poco il celare grosse parti di ciò che lo scrittore intende.
Per meglio dire: ognuna di queste lacrime di storia ha dei perché dietro, legati a mie esperienze personali, a miei stati d'animo o a mie sensazioni.

"DEL SUSSURRO O DEL PERCHE'
Non so perché ma trovo estremamente liberatorio scrivere sussurri nella notte.

DELLA PORTA O DELLA FALCE
La scorsa notte bussò ancora quella donna. Era la terza volta quella settimana, e iniziai a piangere. Ero rimasto solo io in casa.

DELL'AMORE O DELLA FINE
So che sei là fuori.
So che sei lì dentro.

DELL'OSPITE O DELL'ORRORE
Rallegratevi in casa mia, l'ospite è sacro. Accidenti, deve essersi bloccata la porta..."

Come vedete queste poche righe hanno una potenza mostruosa.
In quanto amante della letteratura apprezzo la potenza dicotomica di questo genere letterario, al quale non saprei dare un nome.
So che non è abbastanza assurdo, per i puristi della mia letteratura. Ad essi sono dedicati i successivi frammenti.

"DEL PINGUINO O DELLA LAVATRICE
Lavami a secco, sono sterile. Aggrappati con forza e lasciati lavare lo smoking, caro.

DEL MATRIMONIO O DELLA FARSA
Il piatto venne lanciato in cielo, e il matrimonio degli spaventapasseri divenne realtà. Nessuno capì che la farsa era appena cominciata, nemmeno quando il testimone tagliò la torta con una forbice di spuma.

DEL VIAGGIO O DELL'ESPLORARE
Santiago è un bel posto, una bella persona e un notevole baobab.
Delle tre, sceglierei la quarta via, quella della laguna: Santiago è un ottimo alligatore."

Auguri e gamberi

I miei lettori magari già si chiedevano su dove fossi finito, che mi fosse capitato, se fossi davvero partito per quella battuta di caccia all'ombrello di cui si vociferava nei circoli sanguigni.
Purtroppo l'Assurdo è una strana bestia, si contorce si muove e corre.
Viaggia su un carro costruito di ponti, del quale non puoi vedere il conducente; racconta storie senza morale, senza coda, ma con una capo fiero e sbarazzino.

Nell'ultimo mese ho dovuto applicare la vena creativa alla ripresa di un romanzo fantasy, di quello convenzionale; e la mia mente fuma ancora a tal pensiero. Lasciatemi sfogare!

Innanzitutto vorrei fare gli auguri agli amici dell'Assurdo (http://lassurdoblog.blogspot.it/), che da ora hanno creato il loro rutilante Manifesto.
Auguri, miei cari, e possa la vostra carraglia durare per tutta l'eternità.
Questo articolo è dedicato a voi.

Bene.
Ora posso sfogarmi.

Aspettavo questo momento, mia cara, mentre rollavo palme di caramelle per farle stare in una piadina.
Ho sognato questo momento, sognando di uno spirito libero e azzurro, del colore dell'elettricità e delle audiocassette, e delle sue avventure in un teatro di periferia; ho aspettato questo ballo per un lungo mese.

La vita senza Assurdo è noiosa, terribilmente.

Impiegati delle pescherie si rotolano in viali con gamberi e passamontagna, intonando canzonacce che fanno sorridere i più avvezzi alla vita.
Stappiamo una bottiglia d'olio che è ora di cena: aprite le bruschette e le bombette alla crema.
Vattene tuba!
Checché questa tavola sia becchime per la mente.
Arrendetevi Convenzionali piccioni, nelle vostre torri di carte e grigi pinzimoni: l'alba arriva per tutti.

Libero penso che forse in un mondo comandato dalle patate si possa sorridere di più; ignoro un elefante per ponderare sulle biglie. La spiaggia, per una formica, è fatta di sassi.
Lungomari di vino aspettano il riposo di chi ha lavorato come un frigorifero per tutta la vita; il delfini pagano da bere.

Intanto che ciò accade, in un altro mondo si mangiano meduse con cavi elettrici, piccanti contorni di banchi di dati e armature.
Fusibili in bianco, per me!

Ora sto decisamente meglio. Non so per quanto durerà, ma la mia mente non è più sull'orlo di una crisi.
Un'altra goccia di Convenzione, e sarebbe crollato il castello.

martedì 16 aprile 2013

Buongiorno Primavera

Guardo, rampollo di desideri, l'Esterno.
Caldo pomeriggio, primavera.
Batuffoli, ramarri e fagiani mi guardano dalla finestra.
<<Molla la barbalezione. Seguici e corri. Poi pranzeremo con pan di spagna e birra bionda>>.
Tentazioni con piume e ali, squame e sangue freddo.
Le mie membra si stravaccano nel liquame nauseabondo della noia, annaspando alla ricerca di aria, polmone di artificio.
Lasciatemi uscire ve ne prego.
Respirare aria di gioia, rincorrere frigoriferi e libellule, ammazzare il tempo con soffici creme e annegare puteolente nichilismo nella marea del verde pomeriggio.
C'è troppa primavera là fuori.

Il professore polleggia davanti alla lavagna, inforchettando numeri di astrusi calcoli che rafforzano lo spirito dell'uscita.
Mangime per la mente.
Così lo chiamano.
E una mattinata primaverile? Se devo associare qualcosa alla primavera, oserei metterci un "frizzante".
Frizzante come la brezza, la zazzera che mi rincorre mentre vado in bicicletta.
Frizzante come i fagiani nel greto, andamenti traballati e ondulati di una natura strenua e inapparente.
Frizzante come appaganti farfalle e bicchieri di gelato ancora duro.
Frizzante come l'acerbo frutto del divertimento che cerca di maturare dopo l'inverno.
Frizzante come il buongiorno, e il sole fresco.
Frizzante come gli uccelli che salutano la marmellata.
Frizzante come la birra di more.
Buongiorno primavera, Botticelli delle stagioni.

lunedì 8 aprile 2013

Possiamo creare

Quella che più mi si confà al mio stato d'animo è un atmosfera smooth, morbida e vellutata come la schiuma di una Guinness.
Un locale leggermente fumoso, spianato e tirato a lucido: un bancone d'oro, con le spine che gorgogliano come tacchini e con la freschezza dell'aperitivo americano che schiocca le dita a ragazze affusolate e a uomini vestiti come pinguini.
Sguazzo tra un tavolo e l'altro, annaspando a volte, ma sempre a galla.
La serata è mia.
Sono un essere che vive per il pubblico.
Ho bisogno di decantare, intonare, raccontare, viaggiare, saltimbancare, impepare un certo numero di persone che si interessino a me.
Io sono il racconto: loro il pubblico.

Questo non perché abbia molte cose da raccontare: ma perché posso creare qualcosa da raccontare.
Provo a spiegarmi meglio, lasciatemi solo mettere la musica giusta.

Squillino le trombe e mi si porti da bere.

Eccoci cari lettori, davanti alla costruzione creativa.
Una serie di intricati fili, bianchi come il latte, giallo limone e provola; saltimbocca ricompattati che sdrucciolano sulle mura oleose, cercando appigli semplici e trovandone di impensabili.
Immaginate un cornicione pieno di zanzare: fastidiose, a frotte sparse: si uniscono solo per un fine comune.
Allo stesso modo, tirando solo uno dei fili del processo creativo, si muoveranno tutti, dai più quadrati ai più croccanti.

La costruzione creativa è pura metafisica: noi vediamo solamente ciò che arriva alla fine.
Si potrebbe dire che la costruzione è un fine? Diciamo di sì.

Avevo un gatto smemorato. Ma il giorno di Pasqua mi resi conto che lo smemorato ero io, e il gatto cercava solo di recuperare i miei errori.

Questo racconto ultrabreve descrive bene ciò che intendo dall'inizio della chiacchierata.
Tutto si deve chiudere in un racconto.
Ma una strada deve sempre essere lasciata aperta.
La costruzione creativa fa tutta la casa, con tanto di porta d'ingresso. Ma da una finestra si può sempre scappare.

Ora mi sono davvero perso.
Quello che volevo spremere dal concetto di partenza, è che la storia non deve esistere già.
La si deve creare.
La possiamo creare.
Gli elementi sono tutti qua: un tamburello, una buccia d'arancio e un esercito di briciole.
Lasciatevi prendere dal gatto.

sabato 30 marzo 2013

Sproloqui e nuovi progetti

Spesso trastullandosi in pigre serate con amiche e amici gli argomenti si vedono protagonisti di cambi repentini: la mano dell'Assurdo si libra sulle discussioni per portarle su strade desiderate inconsciamente, portando a sconclusionate illuminazioni su progetti culturali o meno.

Nel mio caso ho avuto la spinta (spero l'ultima) per la scrittura di un romanzo demenziale-fantascientifico.
Da quando ho iniziato le distruttive saghe di Mondo Disco di Terry Pratchett (ve lo consiglio, pelandroni), avevo in mano uno stile letterario divertente, che poteva aiutarmi alla stesura di un romanzo "serio".
Mi mancava la storia.
Che ieri sera si è scoperta già esistente e pronta.

Manca solo il coraggio, ora.
Sono molto bravo a iniziare le cose.
O meglio, sono un fan della discontinuità: un giorno parlo di lucertole, il giorno dopo di scale e rinoceronti; un giorno di frigoriferi e colibrì, quello dopo d'Irlanda e salsicce.
Un romanzo, un intero libro con un'intera storia, richiede CONTINUITÀ.
Una qualità (o un difetto? Mi consulterò con il mio psichiatra-dentifricio) che non possiedo è la continuità.

Molto probabilmente tra due settimane saremo qui a parlare di come è stato bello partire nella stesura di un romanzo. E di quanto è stato rilassante gettare tutto ai canederli.
Oppure di quanto il romanzo si stia rivelando riposante, come un frigorifero nel quale non devi cercare le fettallatte.
In ogni caso... non so come andrà.

Perciò cambio repentinamente argomento e butto giù due casuali versi, ché mi stavo incartando in un discorso serio.

Lamprede di danza si
rigettano nei flutti
della memoria.
Abbraccia la scossa,
vaso di terracotta.
Un prosciutto immobile
si palesa medicina
per cuori infranti.
Lavami la macchina,
che domani nevica.

domenica 17 marzo 2013

Lettura da gustare

Il titolo potrebbe sembrare idiota, ma per la mia letteratura si tratta di un passo epocale.
Cercherò di calibrare le parole, riordinando ciò che a flusso esce dalla mia mente.
Sarà la prima volta che rileggerò più di una volta le frasi che voglio pubblicare.

Leggetelo con enfasi, gustandovelo come una torta di crema pasticcera.
L'intento è creare un articolo breve ma estremamente piacevole, popolato da parole che, bilanciate nella loro onomatopeica bellezza, regalino al lettore sensazioni di piacere.
In altre parole: lettura da gustare.
Strusciate la sedia sul pavimento: mente mia, fatti capanna.

Prototipi pimpanti palleggiano su papabili pinoli. Pappardelle e polpette stese su sughi squisiti, odorati da prezzemolo appetitoso ed erbette da lasciare l'acquolina in bocca.
Provole e pepe.
Rollate l'arrosto tra cosce succose e croccanti, dorate, dal profumo prelibato.
Tombini di barattoli, bambagia a profusione. Morbido e delicato, l'abbraccio vellutato della comodità.
Sedete, su, senza indugiare.
La tenera tavola promette scivolose pietanze e collezioni pregiate. Sciacquatevi i palmi, e nettatevi accuratamente con una salvietta asciutta.
Traveggole e frottole rosolate.
Infilate le babbucce e coricatevi tra i cuscini delle sete più scivolose e costose, pregiate propaggini da perle lontane.
Sempre ben pasciuto l'ospite in leggeri pigiami.
Pianole fatate, dai tasti di velluto, suonano ninnananne di smeraldo e rubino.
Buonanotte, bambinaia.

Uno sforzo letterario che non facevo da un po'. Rileggere le cose. Dopo averle scritte. Che fatica. Ora, non so se sia venuto bene, e se sia riuscito a cogliere il segno.
Trattasi di un esperimento, e dunque vi invito (se avete tempo e voglia) di darmi una mano per capire se la strada percorsa è quella lastricata, o se sto camminando in una palude di sabbie mobili.

Morbida strada,
stenditi all'infinito,
avviluppandomi di fatiche,
gioie,
indicazioni.

lunedì 11 marzo 2013

Viaggi a Improbabilità Infinita e Asciugamani


"Lontano, nei dimenticati spazi non segnati nelle carte geografiche dell’estremo limite della Spirale Ovest della Galassia, c’è un piccolo e insignificante sole giallo.
A orbitare intorno a esso, alla distanza di centoquarantanove
milioni di chilometri, c’è un piccolo, trascurabilissimo pianeta
azzurro–verde, le cui forme di vita, discendenti dalle scimmie, sono così incredibilmente primitive che credono ancora che gli orologi da polso digitali siano un’ottima invenzione."

Nonostante tali difficoltà ambientali, nel millenovecentocinquantaduesimo anno (calcolato in base alla nascita di un uomo giudicato parecchio importante sul quel trascurabilissimo pianeta) nacque qualcuno che finalmente rivolse il suo curioso sguardo oltre l'atmosfera che avvolgeva la sfera azzurro-verde.
E purtroppo (credo sempre per la difficoltà delle condizioni ambientali), non visse abbastanza a lungo per poter finire di raccontare la storia più inverosimile (ma la più probabile) dell'Universo.
Ora che ci penso, solo l'infinità gli avrebbe permesso di porre una non-conclusione alla sua storia.

Questo articolo non vuole assolutamente aggiungere nulla al genio (per molti incomprensibile) di Douglas Adams.
E qualunque cosa io possa provare a scrivere nel giorno in cui avrebbe compiuto 61 anni non potrebbe rendere giustizia a colui che ha sbloccato la mia vena creativa.

Per questo mi limiterò a citare il passaggio più anticonvenzionale e assurdo della Letteratura mondiale.
Signore, signori, Formichieri e suoi seguaci, ecco a Voi il Viaggio ad Improbabilità Infinita.

"L’universo reale s’inarcò disgustosamente sotto di loro,
allontanandosi. Vari finti universi passarono silenziosi, come capre di montagna. Esplose la luce primeva, spruzzando spazio–tempo in giro come pezzi di ricotta. Fiorì il tempo, la materia scomparve. 
Il massimo numero primo si conglomerò tranquillo in un angolo e si nascose per l'eternità.
– Oh, piantala – disse Arthur – le probabilità che questo
succedesse erano infinitesimali.
– Ma intanto ha funzionato – disse Ford.
– In che razza di astronave siamo? – chiese Arthur mentre l'abisso dell'eternità si apriva sotto di loro.
– Non lo so – disse Ford – non ho ancora aperto gli occhi.
– Nemmeno io – disse Arthur.
L'Universo saltò, si bloccò, tremò e s'indirizzò in varie impensate direzioni. Arthur e Ford aprirono gli occhi e si guardarono intorno, enormemente stupiti.
– Buon Dio – disse Arthur. – Sembra proprio il lungomare di Southend!
– Diamine, sono proprio contento di sentirti dire questo – disse
Ford.
– Perché?
– Perché pensavo di essere diventato matto.
– Forse lo sei diventato. Forse hai solo creduto che io abbia detto quello che ho detto.
Ford ci pensò su.
– Ma l’hai detto o non l’hai detto? – chiese.
– Credo di averlo detto – disse Arthur.
– Forse siamo diventati matti tutt'e due.
– Sì – disse Arthur – è da pazzi, tutto considerato, pensare che
questa sia Southend.
– Perché, credi davvero che sia Southend?
– Oh sì.
– Anch'io.
– Quindi dobbiamo essere matti.
– Ma se non altro è una bella giornata.
– Sì – disse un pazzo di passaggio.
– Chi era? – chiese Arthur.
– Chi, quell'uomo con cinque teste e un cespuglio di bacche di
sambuco pieno di aringhe affumicate?
– Sì.
– Non so, era uno.
– Ah.
Seduti sul marciapiedi, Arthur e Ford guardarono con un certo
disagio degli enormi bambini rimbalzare pesantemente lungo la
spiaggia, e cavalli selvaggi galoppare in cielo portando fresche
provviste d'ingiurie recidive alle Aree Incerte.
– Sai – disse Arthur, tossicchiando – se questa è Southend, ha
qualcosa di molto strano...
– Vuoi dire per via del mare solido come roccia e delle case che
continuano a sciabordare su e giù? – disse Ford. – Sì, anch'io penso che sia abbastanza strano. – Con enorme fragore, Southend si divise in sei segmenti uguali che si misero a danzare e girare vorticosamente gli uni intorno agli altri, con aria libidinosa e impudica.
– In effetti – disse Ford – sta proprio succedendo qualcosa di molto strano.
Folli e lamentosi suoni di pifferi e di violini s'incancrenirono nel vento, frittelle dolci saltarono fuori dalla strada per dieci pence l'una, orribili pesci precipitarono dal cielo, e Arthur e Ford decisero di scappare.
Si buttarono in mezzo a pesanti muri di suono, a montagne di
pensiero arcaico, a valli di musica triste, a laghi di scarpe maligne e di pipistrelli stupidi, e d'un tratto sentirono una voce di ragazza.
Sembrava la voce di una persona ragionevole, ma disse solo:
– Due elevato alla potenza di centomila contro uno, in diminuzione.
Ford scivolò lungo un raggio di luce e girò vorticosamente,
cercando di individuare da dove venisse la voce, ma non vide niente che si potesse ritenere realmente verosimile.
– Che voce è questa? – gridò Arthur.
– Non lo so! – urlò Ford. – Non lo so. Sembra un indice di
probabilità.
– Probabilità? Cosa intendi dire?
– Intendo dire probabilità. Per esempio, due probabilità contro una, tre contro una, quattro contro cinque. La voce ha detto due elevato alla potenza di centomila contro uno. Una roba molto improbabile, ti pare?
Una vasca da cinque milioni di litri piena di budino di crema si
rovesciò su di loro senza preavviso.
– Ma cosa significa? – urlò Arthur.
– Cosa, il budino?
– No, l'indice d'improbabilità!
– Non lo so. Non lo so proprio. Penso che siamo su un qualche
tipo di astronave.
– Posso solo dedurre – disse Arthur – che non ci troviamo negli
scompartimenti di prima classe."
Douglas Adams, La Guida Galattica per Autostoppisti.

Auguri Doug, e grazie per tutto il pesce.


domenica 10 marzo 2013

Miss you Eireann

Le mie prime poesie, perse nel verde di una terra senza tempo. Inondami del verde che mi separa dall'infinito.
Speranza.
Non a caso la speranza è verde.

Canto trillando di un mandolino vagante, che bussa di porta in porta. Si paga le patate suonando dolci ballate, verdi e boscose.
Ti dedico la mia musica, o mia Musa.

Ballo nella pioggia con girovaghi ubriachi di birra verde.
Mi sveglio fresco al mattino, perché sono il mare, e tutti i giorni bacio Eireann, la mia sposa.

Cantiamo sui tavoli, intrisi di birra e complotti.
Balliamo per la guerra e piangiamo per la musica.
Bandiera verde verso il rosso oceano.

So che qualcuno potrebbe dire, sconfrottando (un verbo a metà tra lo sconsolarsi e il lamentarsi), che l'Irlanda e questo testo non hanno nulla di Assurdo. Borbottoni puntigliosi.
Di rimando vi ricordo che il mio modo per farmi passare una sbronza di nera malinconia è urlarlo al mare; ma dato che sono in pieno pianura, opto per la seconda scelta migliore per scacciare la malinconia: scrivere.

L'Irlanda mi manca. Terribilmente.
Quando mi siedo davanti al pc, ascoltando nel buio canzoni di risveglio, di coraggio, di morte, di ribellione, d'Irlanda, la mia mente galoppa nel verde.
Chi mi ha fatto tornare a casa?
Se potessi scegliere dove morire, sceglierei l'Irlanda.

Che tremenda malinconia.
Mi riempie il cuore; i miei gesti si fanno pesanti, danzando una ballata ormai dimenticata.
Ti ricordi l'odore dei pub di Dublino? Profumavano di felicità.
Trilla il flauto, e il mio cuore batte a ritmo.

Miss you, Eireann.
Il gaelico è la mia poesia preferita.
Alzo a te il bicchiere, in un brindisi infinito, fatto di lacrime e ricordi.

Sputo per terra guardando un cielo plumbeo. Verde si stende la piana, invogliandomi a correre, a volare.
L'Irlanda è dove il Creatore ha baciato la terra.
L'Irlanda è dove la natura ti abbraccia, con la puzza d'alcol e salsedine, con i bambini sporchi dei bassifondi di Dublino, con una pinta di birra scura in mano.

L'Irlanda è dove ho scritto le mie prime VERE poesie.
Pochi di voi, forse nessuno le ha mai lette.
Perché, in fondo in fondo, sono rimaste a casa.

venerdì 8 marzo 2013

Alla Guida

Credo fermamente nel taumaturgico potere della Poesia, panacea di tutti i mali e capace di destituire il più piatto dei pomeriggi domenicali.
"Lasciatemi poetare, ve ne prego".

ALLA GUIDA

Crogiolo di mondi incompiuti,
salto da Universi ad altri.
I gas non sono costanti, arranco
nel nero cosmico.
L'Universo è un pinguino
che non smette mai di nuotare.

Litigo con buchi neri, 
capre e lepri,
saltimbanchi di banchi di nebbia.
Irradiati di luce
i capodogli
piombano a terra.

Frullare d'ali,
primordiale battito.
L'Universo è solo una combinazione,
di due numeri:
quattro e
due.

lunedì 4 marzo 2013

Grazie Duemila

Innanzitutto vorrei ringraziarvi per le duemila visualizzazioni. Già passate da una settimana, ma in nessun articolo sono riuscito a inserire un dovuto ringraziamento.
Ma poiché questo è un delirio di quelli che tanto mi piacciono quando la sera allunga le sue ombre, mi sembrava corretto e ovale ringraziarvi, e dedicarlo completamente a Voi.
Siete i migliori lettori che uno scrittore possa augurarsi.

Critici, sempre attenti: cogliete le piccolezze, come chi deve controllare che la raccolta differenziata avvenga senza bertucce che buttano l'organico nel giocattolo.
Calorosi e gentili, come l'altro giorno: mai un mio articolo ebbe un tale successo!
E sì, che come sempre, parto senza particolari filtri, e dunque scrivo a ruota libera tutto quello che mi passa per la mente.

Come una doccia di peli odorosi, inalo sensazioni di precisione avvenieristica.
Mi imbrodo: le giuggiole gongolano della loro presenza.
Ispirazione!
La mela proibita, il frutto dell'eterna scrittura.

Il fatto che un articolo venga bene o venga male dipende solo da Sua Maestà: Il Formichiere nelle candide vesti dell'Ispirazione Sovrana.
Con la lunga lingua fatta di racconti e babbucce intrinseca rami di bellezza passate, ignorando nodi filtri che bloccano la fuoriuscita dei pensieri.
Tutto scende, dal mio cervello alle mani, grazie alla Dama in Nero Inchiostro.

Seppia, seppia dei miei mari, chi è degno di imbrattarsi le mani?

Scrivere è un lavoro sporco.
Mi piace terribilmente, dolce come la panna che si mescola con la crema pasticcera, ma è un lavoro sporco.
Del resto anche la crema macchia i vestiti.
Errori grammaticali, frasi piantate a metà, concetti espressi bene nella mia mente e male sul foglio.
Il pericolo è dietro all'angolo.

Nella foresta s'ode lo stridere del ferro. Le scimmie, incuriositi primordiali, si avvicinano caute, allungando le babbuine code.
Cosa rappresenta quell'oggetto allungato, grigio come un ippopotamo, lungo come un coccodrillo e luccicante come il sole?
Il ferro sta alla foresta come un paguro ad una lattina vuota.

Ma Voi, miei pochi ma buonissimi, mai una volta avete alzato la voce. Sempre con uno sguardo carico di fiducia, con una mano fatta solo per carezze e cucina, mi avete fatto notare errori, sbagli clamorosi e pestate, sempre con una parola gentile.
Voi, che oltre a tutto il supporto che mi fornite, mi RINGRAZIATE per quello che faccio.
Ma cosa avete capito, miei cari?

Sono solo un umile scribacchino. Sono io a dovervi ringraziare, perché senza di Voi tutto questo, o almeno buona parte, sarebbe rimasto nella mia testa, imprigionato a vita.
Grazie, duemila volte grazie.

Cappello Rosso

Ogni giorno ispirato deve essere sfruttato fino all'ultima goccia.


CAPPELLO ROSSO

Lasciati lisciare, 
di bambole sostenute.
I protocolli sono rane
dal rosso cappello.
Incespicano,
lavano
termiti
pocciando le mani
in lavandini di terra.

Amate il muflone
e lo gnu.

Ritirate i panni sporchi, 
che domani finisce il mondo.

sabato 2 marzo 2013

Gli Araldi del Formichiere: Walter Moers

Il bambino si avvicina alla corsia dei libri per ragazzi. 
Ha appena dieci anni, ma ha già letto libri per bambini più grandi.
Avido librovoro, sfoglia i volumi con fare curioso, gli occhi marroni che guizzano alla ricerca dell'illuminazione.
E questo cos'è? No, una storia d'amore per bambine... e questo? No, ci sono troppe figure.
Piano piano, ha scartato una buona metà di quello che sta nello scaffale. Tra le mani gli capitano avventure romantiche, romanzetti dalla copertina poco affascinante, cose già lette, avventure banali dalla prima occhiata, finché da una copertina blu fa capolino la testa di un orso, sempre dello stesso colore.
Che strano... proviamo a leggere la prima pagina...

Così ho acquistato il secondo libro più importante della mia vita.
Douglas Adams con la sua Guida Galattica per Autostoppisti mi ha spinto a scrivere, con la sua Propulsione ad Improbabilità Infinita.
Walter Moers, con il suo "Le Tredici Vite e Mezzo del Capitano Orso Blu" mi ha permesso di arrivare al mio primo scritto con una fantasia traboccante di idee. È stato il germoglio della

Non posso spiegarvi a parole il genio di quest'uomo (ancora vivo e vegeto, e spero ancora per tanto tempo), ma posso CONSIGLIARVI CALDAMENTE la lettura dei suoi capolavori.
Con disegni dell'autore.

1) Le Tredici Vite e Mezzo del Capitano Orso Blu
2) Ensel e Krete
3) Rumo e i Prodigi nell'Oscurità
4) La Città dei Libri Sognanti
5) L'Accalappiastreghe
6) Il Labirinto dei Libri Sognanti



La sua creatività non raggiunge limiti.
Scarovana una serie di termini, idee, mostri, con la naturalezza con cui si descriverebbe una giornata di lavoro. Fa sembrare banale la fantasia: e non nel senso che la Fantasia da cui attinge sia banale, ma nel senso che la sua Fantasia rende banale quella di molti altri.
Il suoi libri sono piacevoli, colti, disimpegnati, facili da leggere, ricchi di sfaccettature, limati alla perfezione.
Ogni frase viene sempre calibrata, misurata alla perfezione per non sbavare verso la precedente e la successiva.
Tutto è soppesato, e le descrizioni sono di una ricchezza essenziale (complete, senza mai esagerare) da rendere immediata l'entrata del lettore nel continente di Zamonia.
Una menzione in particolare vorrei farla al traduttore, capace di stare dietro magistralmente all'inventiva di Moers.


Coboldi. Minipirati. Onde parlanti. Bastimenti ferrosi. Gare di bugie. Un tornado gigante. Una città catturata. Un deserto di zucchero. Un'isola carnivora. Dinosauri con gli occhiali. Un professore con sette cervelli. Ciclopi senza testa alti chilometri.


Un vino fatto di incubi. Esseri talmente avanzati da sconfiggere la morte. Una città di nebbia. Il Mondo di Sotto. Un Re, follia incarnata. Un esercito di malattie. Il Teatro della Bella Morte. Città trappola. La sconfitta della morte.


Ciclopi mangialibri. Cacciatori di libri. Una grotta di pelle. Un gigante cieco. Una ferrovia sotterranea. Libri trappola e libri perigliosi. Veleni tattili. Il Re delle Ombre. Un castello di libri. Incendi devastanti. Libri introvabili. Unza (poi ve ne parlo). Una discarica di libri. Libri viventi.


La sua migliore trovata (tra le tante che mi hanno stupito) è quella dell'unza. 
Non tanto nel termine in sé (che è di trovata del traduttore), ma nel concetto che ci sta dietro.
Essa è la forza più importante che uno scrittore possa ricevere: l'illuminazione totale, che porta lo scrittore a comporre passi di inaudita bellezza. Ispirazione allo stato puro.
Non so se mai la troverò: ma dal giorno in cui ne ho sentito parlare, credo fermamente nella sua esistenza.


AL CAPITANO ORSO BLU

Nato da una noce,
intrepido seguace
della via dell'avventura.
Sprazzi di oscurità
nel brillare del giorno.
Sapere è notte!
Sette cervelli, una sola via.
Una città volante,
nel cielo,
fa più luce del Sole.

A RUMO

Il filo d'argento,
retaggio dell'amore,
ti rende un eroe tra un popolo di ignavi.
Un amore immortale.
Armi, sangue, duelli;
storie di castelli
e di scacchi.
L'amore per la spada,
per la vita.
Ed infine, con chi hai cercato,
il prodigio dell'oscurità.

A LIBRANDIA

Catacombe di libri sognanti,
marcescenti pagine,
vermi.
Da Castel Ombrate le urla,
dalla superficie il croccante profumo
della legna.
Tanti
tanti libri.
Accendete il camino,
comprimete il tabacco nella pipa.
Qui la storia ha inizio.

Grazie, Walter. Hai insegnato a un bambino che la Fantasia, come l'Universo, è infinita.