martedì 7 febbraio 2017

Serendipità

"La capacità di rilevare e interpretare correttamente un fenomeno occorso in modo del tutto casuale durante una ricerca scientifica orientata verso altri campi d'indagine."

Che inizio stantio che si assapora da un testo che , ignorando i gusti dei lettori, decide di mettere ai blocchi di partenza una definizione di vocabolario.

D'altronde, cos'altro non è un vocabolario, se non una gabbia per parole?

Con i tempi che corrono effettivamente potrei far credere a qualcuno che i vocaboli, troppo stretti nelle loro definizioni, rastrellino le sbarre della loro cella con la gavetta, attendendo la libertà che (forse) mai arriverà.
"Parole in libertà", si dice spesso, pensando a tanti contesti buzzurri in cui le parole, esse stesse, vengono incastonate in una costellazione di paradigmi e di regole.
Le regole!
Parola orrenda, in linea di massima.

"Qual è la tesi che state cercando di dimostrare, questa sera?"
Potrebbe chiedere un lettore particolarmente slegato dalle caratteristiche di questo luogo (e del pensiero di chi lo abita).
Ebbene, la dimostrazione è per chi si abitua alle regole. Io semplicemente voglio che le parole (da sole!) possano esprimersi come meglio credono.
La peculiarità di questo luogo, che vi ricorderò non perché non mi fido della vostra memoria ma perché non credo nella vostra capacità di accumulare le riserve per il letargo, è quella del "fiume di parole".

Mai una frase, un costrutto, una parola, sono state espresse senza il loro consenso. Ma andiamo al punto.
Uno scrittore convenzionale, per quanto possa essere geniale, si esprimerà sempre seguendo alcune (poche, anzi troppe) regole.

La ragazza guardò l'orologio. Il rintocco segnava le dieci di sera: una sera certamente placida. Nulla di rimarchevole sarebbe accaduto a breve, pensava lei. Ma si sbagliava.

Pathos, capacità espressive, pulizia ed una certa propensione alla suspence. Possiamo facilmente immaginarlo come un classico inizio di un racconto al cardiopalmo.

La ragazza, i cui peli della testa influenzavano a sua insaputa il moto degli anelli di Saturno, pensò alla conclusione della ippotama serata, ponzando alla ricerca del senso del rintocco provocante dell'orologio. Di lì a poco, improvvisamente, un armadillo avrebbe fatto la sua comparsa, inneggiando alla presenza dei folletti nelle fiabe della buonanotte.

Non è ovviamente la stessa cosa: i due estratti parlano di due cose diverse: ma le parole, nel secondo, sono state frutto del minimo sforzo. Rilassate, mai pesanti, ma soprattutto ingigantite, arroganti, frettolose, freddolose, calde ed allo stesso tempo un po' musicali.
Quello che gli umani chiamano incapacità a volte è sintomo di compassione.
Liberate le parole, ma per davvero.

Il gambero pensò alla giovane riunione intrapresa con quelli del piano di sopra. Mai andare all'indietro, ripetevano i simpaticoni. Ma è indietro che spesso sta la presa della corrente, e, senza luce, è difficile far di conto.

La favola inutile spesso non la è in realtà: pur di liberare qualche parola, non mi dispiace espormi a critiche vezzose ed ad annoiati personaggi.
Ed infine, come ormai bradipi, noterete una cosa molto semplice: le parole, libere e incostanti, mi hanno permesso di non parlare di serendipità per tutto questo tempo.
Potremmo parlarne in un futuro piumato, se la parola ne avrà voglia.

P.S. Nessuna parola è stata maltrattata durante la stesura di tale precotto insieme di parole.

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