giovedì 24 novembre 2011

L'Arte non deve dipendere dal Guadagno

La Letteratura dell'Assurdo, per lo meno come la concepisco io, non ha con fine ultimo la ricerca di un Guadagno, banchiere delle nostre anime, bensì la liberazione del fagotto di sacco del poeta, la parte piena di esso.
La Letteratura dell'Assurdo, nella sua zebrosa concezione dell'Universo e di tutto quanto, salvaguarda l'anima di colui che si getta tra le folte braccia della sua Musa barbuta da questa pratica da disprezzare: mercanteggiare sull'arte non è ciò che interessa..
L'autore/poeta/coluichescrivesulfoglio deve avere assoluta libertà: freschezza d'ali, turbinii sinceri e abbuffate luculliane, tutto può essere descritto, e come più lo si desidera.
Il vincolo del denaro, sporco passaggio di mano in mano, non deve affacciarsi alla finestra della poesia, poiché, nell'ambito del fantasioso e liberatorio Assurdo, per esso no c'è posto.
Se successivamente alla stesura di qualunque cosa (un sasso disegnato, un fazzoletto impiastricciato di lettere rosse, un braccio fitto fitto di caratteri, addirittura un foglio) si riuscirà ad ottenere un qualche contratto, il Guadagno sarà dipeso dall'Arte, e non viceversa.
Chi infatti basa la sua Arte guardando verso il Guadagno, non è che un artista che intrappola la sua Musa, in una gabbia ferrosa, dimenticata e sporca, dalla quale difficilmente si possono esprimere liberi pensieri (così belli mentre si accarezzano sul divano, o si tengono per mano su un tavolo di rovere).
Il fine ultimo, l'osso centrale della colonna vertebrale, lo scafo della nave circondata da rosei delfini volanti nell'etereo spumeggiare dell'aria, il cervello con tutti le sue scossette come albero di Natale il dì della vigilia (non chiedete perché ho scritto dì invece che giorno: era più bello dì) non è altro che la liberazione del poeta, un flusso colorato che esce direttamente dalla testa e affusolato nella sua bellezza variopinta si adagia sul foglio, riempiendolo della mansuetudine della lettera, e del profumo dell'inchiostro.

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