Questa è la prima puntata di una serie di post che ci accompagneranno saltuariamente (come piace a noi) da qua in poi. Immaginatevi uno studio televisivo: io sono l'umile e unico presentatore, che lancia un piccolo documentario su uno dei Grandi Personaggi di spicco dell'Assurdo. Buona visione.
JANITOR
Sono un grande amante delle serie televisive: mi sono innamorato della sensazione di profonda intimità, dell'emulazione di vita reale con quel pizzico di pepe e cannella in più, del coinvolgimento emotivo e fisico nel voler sapere cosa accade nella puntata che segue.
Ogni passione, qualunque essa sia (dal coltivare gamberi da cocktail al rimirare un paese esotico in televisione), nasce da un singolo episodio che ci convince della bellezza del totale.
Nel caso delle serie televisive parlare di episodio è ancora meglio, perché è stato proprio un episodio a farmi innamorare.
La mia prima volta è stata con Scrubs, come credo quella di molti. Ma oltre a tutte le qualità delle serie tv descritte sopra, alla chetichella (una delle parole più belle del vocabolario, tra parentesi), un personaggio spiccava maggiormente tra gli altri. Qualcuno che con la sua aura di Assurdo che gli lievitava intorno alle parole rendeva la visione frenetica, vogliosa di sentire altre perle non-Convenzionali.
L'inserviente, Janitor in inglese.
La sua figura è un esempio di comicità assurda, di quella comicità che prende e coinvolge, di quella comicità che ti fa innamorare del personaggio che con tanta perizia la sa ammaestrare e fare sua (e sì, sto usando molto la parola "innamorare". Ma è l'effetto che mi fanno le serie tv).
Per chi già lo conosce, consiglio di andarsi a rivedere le puntate più belle, dove il Nostro si cimenta in monologhi mozzafiato sulla vita, l'universo e tutto quanto (cit).
Per chi non lo conosce, forse è meglio che inserisca qualche citazione presa rigorosamente a caso.
Elliot Reed: <<Uffa ma perché io non cresco mai? Non posso essere più forte? Inserviente, ti sei mai guardato allo specchio desiderando di essere diverso in ogni senso?>>
Janitor: <<No... sono un vincitore. Ma ti dirò una cosa che mi disse mia nonna quando ero ancora un bambino. Anche se allora pensavo fosse mia madre. Mi disse: "Tempo speso a desiderare è tempo perso". Ed è morta poco tempo dopo. E mia sorella, che in realtà era mia madre, non lo ha mai accettato. Nemmeno il mio papà-fratello. Che domande sono? se vuoi essere diverso, sii diverso.>>
Da qua possiamo partire con una breve analisi delle caratteristiche principali.
(NB Sempre per chi non conosce l'Inserviente, egli non ha nome. O meglio, mai lo ha detto o mai nessuno lo ha chiamato con il suo nome. Morale: non è il nome a fare la persona, tranne se ti chiami Agenore)
La prima cosa che si nota è sulla complessità delle sue relazioni familiari, e il mistero che permea la sua figura: mai si saprà nulla del suo passato, e soprattutto della sua incasinatissima famiglia. O meglio: lui ne parla spesso, raccontando di abusi fisici (una volta, da quel che mi ricordo, suggeriva l'acquisto di una gabbia per bambini, dicendo che la sua era molto più piccola) e mentali, oppure di grandi personaggi tristi all'americana, poveri saggi con manie pericolose ma così pieni di buoni e generosi consigli.
Avete presente il classico musicista di colore che ad un angolo della strada decanta la bellezza del piccione, poiché esso sa volare? Intendevo una cosa del genere.
La cosa importante, tornando all'Inserviente, è non credere a ciò che dice. O meglio, non sempre.
Un esempio che avvalora questa ipotesi, inchiodandola gravemente alla realtà, è la saga delle frasi su suo padre.
(1)
Janitor: <<Avevi ragione papà!>> (indica il cielo) <<Non è morto, è al piano di sopra. Sta morendo.>>
Interlocutore: <<E' malato?>>
J: <<Sì, di nervi. Dice che è un gufo, ma chi lo capisce quando ulula?>>
(2)
J: <<Avevi ragione papà! (indicando il cielo) Non è morto. Sta sul tetto.>>
I: <<Perché sul tetto?>>
J: <<Crede di essere un puma>>
I misteri migliori vengono poi espressi tramite richieste assurde, perpetrate verso personaggi che rimangono scioccati dal loro ineffabile nonsense:
"In cambio voglio che mi ingessiate completamente e che mi portiate all'aeroporto. Poi vi spiego."
Ciò che però lo rende davvero un personaggio degno di essere nominato come Araldo è la sua filosofia spicciola, essenziale ed ineccepibile, puntuale e mai fuori luogo, intransigente e piena di spunti di terree riflessioni.
(1)
<<Ricordo cosa disse mio padre quando ero piccolo.
Disse: "Ragazzo, non sposare una scimmia. Ha brutti piedi.">>
(2)
<<Non credo nella luna. Per me è il retro del sole>>
Vi lascio con un'ultima celebrazione di tanto personaggio, degna di ascendere al Peloso Olimpo dove risiede sua Boccasottilezza il Formichiere (amante peraltro dei pirati).
(In assenza della bandiera americana all'entrata dell'ospedale)
J: <<Che faccio nel frattempo? Ci metto una bandiera pirata? Trasformo l'edificio in una nava pirata?>>
(si gira verso l'ospedale)
<<Potrei piazzare un timone sul tetto. Catturare un bel pappagallo, mettere una benda sull'occhio, applicare del mastice, sigillarla, renderla impermeabile. Portarla fuori in mare...">>
Interlocutore: <<Ma sei pazzo?>>
J: <<No. Sono un pirata>>
P.S. Per chi se lo fosse chiesto, l'Inserviente crede nel Tricheco. C'è chi preferisce i baffi, alla coda.
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