Partiamo dal presupposto che stasera sono annoiato.
Partiamo dal presupposto che stasera sono pigro.
Partiamo dal presupposto che per scrivere "Partiamo dal presupposto" ho continuato ad usare sua santità Ctrl+C Ctrl+V (copia e incolla per i profani).
Partiamo dal presupposto che voglio scrivere qualcosa, tanto per far passare il tempo che intercorre tra la fine della cena e l'ora di appollaiarsi sul cuscino a leggere.
Partiamo dal presupposto che non ho idea di quello che scriverò, né di quello che verrà fuori.
Partiamo dal presupposto che sto ascoltando Progressive Rock, in particolare gli Yes.
Partiamo dal presupposto che la giornata è stata lunga e pesante.
Partiamo dal presupposto che adesso parto, e basta.
Rintronato, mi svegliai nel parcheggio del profumificio della MammaRatta & co.
Maledette sbronze pre-commercialista, danno sempre i postumi post-commercialista.
Avevo voglia di un frappè, di quelli densi, che sappiano di un frutto denso, tipo la banana o la nutella. Oppure il tasso o l'ananas.
La sabbia mi entrava dalla orecchie mentre avanzavo; poi mi accorsi che stavo scavando invece di camminare in avanti, e tornai sui miei passi.
Ora avevo voglia di due frappè; ma la gelateria più vicina era famosa per la sua brutta gestione. I babbuini non sono soliti gestire bene gelaterie, e questi due tassi facevano ancora peggio.
"Mai fidarti di un tasso," diceva il mio commercialista, un uomo alto circa un metro e quaranta con un'insana passione per l'alfabeto cirillico "sono animali cattivi, e non denunciano quasi mai quello che guadagnano al fisco."
Ma ero spesso ubriaco quando andavo dal commercialista (prima facevo sempre un salto al bar, per prepararmi), e quel consiglio non l'ho mai seguito troppo.
Entrai con fare spavaldo nella gelateria, mentre i ciondolini appesi all'entrata suonavano un titillante inno francese alla rovescia.
Mi accorsi della pestata solo dopo averla detta due volte, la prima alla commessa e la seconda al cliente che stava davanti a me in fila, giusto per rimarcare la bellezza di quello che avevo appena detto.
"Cortesemente potrebbe prepararmi un frappè al gusto tasso?"
(Ora, il lettore se lo ripeta più volte mentalmente: non è forse una frase metricamente e musicalmente perfetta?)
Il gestore, un tasso arcigno che indossava una maglietta sporca con sopra scritto "Salviamo il pangolino", uscì dal retro con una padella in mano.
Ancora oggi mi chiedo a cosa servisse una padella ad un gelataio.
Corsi fuori, ancora non convinto del tutto sul perché una famiglia di tassi inferocita mi stesse inseguendo.
Credo centrasse qualcosa con una massima di vita che il mio commercialista mi disse una volta, ma al momento non ero certo.
Svoltai in un vicolo buio, sporco, con quattro buoi davanti ad un carretto.
Li scavalcai a piedi pari e mi lanciai nella discesa che portava alla metropolitana.
Solo dopo mi accorsi che nella mia città non c'era la metro, e di conseguenza mi persi nelle fogne.
Partiamo dal presupposto che vagai per due settimane, nelle quali capii molte cose.
Tornato in superficie, la prima cosa che chiesi al mio commercialista fu se fosse mai stato a quella gelateria che stava proprio dietro il suo ufficio.
Il suo sì mi fece capire molte cose sui frappè, sui pangolini, ma soprattutto sui tassi.
Partiamo dal presupposto che non avessi idea di come sarebbe partito il racconto.
Partiamo dal presupposto che questo racconto, come molti che io ho scritto, non ha senso; ma sono riuscito a finirlo abbastanza disinvoltamente.
Partiamo dal presupposto, che si rivela Assurdo; giungiamo alla conclusione che assume senso, e andiamo oltre per tornare all'Assurdo.
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