domenica 15 gennaio 2012

i Viva la Convencion !

Frisbee era un bambino fortunato.
Nella città dell'Assurdo, il cui nome era la fusione di tre oggetti casuali dell'Ikea e di sette piccoli esseri tremanti rintracciabili tra le graffe di un quadernone ad anelli qualsiasi, trascorreva un'esistenza peculiare e a tratti insolita, nella noia più assoluta.

Si svegliava al pomeriggio, recandosi al mattino con la sua macchina del tempo (uno pterodattilo che parlava in latino su una scatola di cereali: bastava inserire la mano nella scatola e pensare intensamente alla data di scadenza delle uova per viaggiare); giunto al mattino, faceva colazione (non con le uova) e poi aspettava il pullmino per andare a scuola.

Che bello quell'autobus con sette ruote, vicino alla sinuosità di un lombrico e alla lacca per scarpe scamosciate: così rosso nello splendore del sole, si ergeva per la strada, spartiacque tra le generazioni.
Nella strada fatta di arcobaleni mancati e di sogni arrancava verso un'improbabile destinazione, montando sui marciapiedi sognanti e saltellando sul posto davanti al semaforo liquido.
Frisbee stava al finestrino, osservando gli pterodattili che portavano la gente dal pomeriggio a quel momento, in un turbinio di briciole ed emozione, stanchezza e cartone, mentre i suoi compagni giocavano nel lungo corridoio del mezzo, fingendo che i sedili fossero di incandescente lava.

Scesi dal pullman, davanti al verde edificio scolastico, i soliti delfini si avvicinavano alla fermata per caricare gli alunni e condurli nelle rispettive classi: la scuola era infatti sott'acqua, creata nelle forme meno euclidee possibili.
Non esistevano due muri uguali e della stessa inclinazione, creando un edificio molto simile ad un foglio di carta stropicciato brutalmente e poi pocciato nell'acqua tiepida e benigna.

L'orario di tutte le mattine era sempre lo stesso:
1) Storia delle Dinastie dei Formichieri;
2) Scrittura e Letteratura dell'Assurdo;
3) Lingue Lunghe e implicazioni scientifiche;
4) Cucina Assurda e languore delle lumache del XVII sec.;
5) Douglas Adams e la Rivelazione.

Frisbee era un alunno diligente, e aveva sempre mostrato interesse per le materie offerte dalla sua scuola: ottimi risultati accompagnati da lecca lecca e Lego lo avevano reso un vero gioiello agli occhi dei suoi genitori, un cammello e una zebra di mezza età molto fieri del loro piccolo dromedario tigrato.

La musica che pervadeva l'edificio (una musica liquida e sorda, molto dolce e melodica, come uscita da un flauto fatto tutto di panna montata) gli era sempre piaciuta, ma quel giorno aveva qualcosa che non andava.
Tutto aveva qualcosa che non andava, ora che ci rifletteva bene: gli elettroni della stanza vorticavano parecchio, apparentemente come al solito, ma con un fare più monotono e banale, come se si riuscisse quasi a prevedere la loro traiettoria.

Passarono due settimane, in cui le convinzioni assurde del piccolo Frisbee crollavano sotto la scure grigia della nebbia e della banalità; la sua angoscia interiore non trovava sfogo, lacerandogli la mente e destabilizzando i suoi sentimenti.
La nera preoccupazione di cui era caduto vittima gli sbalzava l'umore, e i suoi sogni diventavano perfetti e razionali, terrorizzandolo e svegliandolo in pozze fredde di gelido sudore: svettanti torri regolari, con orologi e forme squadrate; matematiche euclidee e somme razionali.

Un mattino particolarmente doloroso, Frisbee si alzò, ben prima dei genitori, e quatto quatto andò in biblioteca, consultando diversi manuali di magia nera.
Trovò quello che faceva al caso suo, e di nascosto lo portò a casa.
Nelle poche ore che lo separavano al pomeriggio e al risveglio, iniziò a leggere il libro, con timore reverenziale e una curiosità fuori dal normale.
"Per due punti distinti passa una ed una sola retta."
Frisbee sorrise, sollevato.

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