“La letteratura dell'Assurdo, invece, è scrittura senza pensieri, libero flusso di pensieri che non deve per forza avere un filo logico, e non deve per forza essere letta.”
Un bello spunto da cui partire, una bella riflessione da cui cominciare un bel dibattito che magari avrà un seguito, magari sì, magari verrà scritto da un Gorilla.
Per analizzare al meglio la questione conviene dare inizio alla spulciatura della frase, che solleverà molti “oh ma che pignolo, mi ricorda un ippoceronte!” e cose del genere.
La prima affermazione parte però da un presupposto sbagliato, ed è molto probabilmente colpa mia: l’assenza di pensieri come base della Letteratura dell’Assurdo.
Nel Manifesto della Letteratura dell’Assurdo ho effettivamente posto una frase tendenziosa, figlia del turbinio frullato della mia mente: “Che bello non pensare, ma lasciar fluire il corso delle cose semplici complesse ordinarie”.
Il “non pensare” descritto in questa frangia (come quelle delle giacche da cowboy) intende in realtà qualcosa di diverso, cioè l’assenza di un freno che controlli la libertà di pensiero, in altre parole come ho detto dopo “lasciar fluire il corso delle cose”.
Quindi la componente del pensiero è molto presente nella Letteratura dell’Assurdo: diciamo che si presenta sotto diversa forma, eliminando i filtri imposti dal colino della Convenzione.
“Libero flusso di pensieri che non deve per forza avere un filo logico” invece è una frase assolutamente esatta, come le squame di una biscia, le celle dell’alveare o il muso di un delfino.
Flusso è addirittura la stessa parola utilizzata nel Manifesto, e non poteva essere affermazione più esatta.
Il punto nevralgico della discussione è un altro.
“E non deve per forza essere letta.”
Nulla deve essere letto per forza, siamo d’accordo, ma è una critica umile e ben poco salda, come una lucertolina che pigola.
Assumendo che ciascuno legge ciò che vuole, dalla rivista sulle scimmie ai libroni millenari sulle dinamiche che hanno portato al governo della Papuasia una compagine di Goblin, il punto cardine passa per la soggettività.
Ognuno ha la propria concezione di Letteratura; ognuno ha la propria concezione di Assurdo.
Tutto questo porta ad un calcolo di possibilità che va ben oltre le mie competenze matematiche, anche perché essendo la Matematica la forma più pura di Convenzione non caverebbe una scimmia dal nido.
Ad esempio chi ha fatto partire questa riflessione scrive affinché un giorno qualcuno possa leggere i suoi scritti.
Io scrivo per scrivere: il termine più appropriato sarebbe “dar aria alle mani”.
Amo la Letteratura dell’Assurdo, e sinceramente punto ben poco ad una lettura da parte di terzi,anche perché la maggior parte della mia opera è dentro al mio quaderno, e lì resterà per sempre.
Ma sono punti di vista!
E dunque, sì, non deve essere letta per forza.
Ma la domanda di partenza è un’altra (rivelazione in ritardo, lo so, ma non voglio tornare su con quella fastidiosa rotellina che ha ucciso il mio mouse con un colpo alle spalle, bestia), che appunto, vi rivelo ora.
“Abbiamo appurato che possa essere un piacere scrivere Assurdo. Ma siamo sicuri che sia un piacere anche leggerlo?”
La portata di questa domanda è incommensurabile, come un serpente che si snoda intorno ad una grande città: bello, sinuoso e tortuoso, sicuro, ma lungo da seguire tutto.
Eppure è così semplice… è soggettivo.
A qualcuno piace ad altri no (non ai rinoceronti ad esempio), non ci possiamo fare nulla.
La Letteratura dell'Assurdo mette a nudo la totalità dei nostri pensieri (o, perlomeno, tenta di farlo), mentre la Convenzione li lima, li liscia e li imparrucca, mostrando quello che ESSA vuole mostrare.
Ma sono sempre idee soggettive quelle che espongo: la lettura o meno di qualcosa deve dipendere dalla nostra persona ("o dalla nostra scimmia" direbbe un mandrillo, pignolo per davvero), e il divertirsi o meno nella lettura di qualunque cosa dipende dall'abilità dello scrittore (nella Convenzione) o nella bellezza dei pensieri di chi scrive Assurdo.
Solo di una cosa sono sicuro: che leggendo l’Assurdo di una persona, si legge il fiume dei suoi pensieri, e dentro, a volte, ci sono sassi che luccicano, e pesci colorati e pingui che scodinzolano come variopinte palle, piene di birra piena, dolce e morbida.
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