Continuando la discussione che da lungo si protrae togliendo tempo alle bertucce e ai caimani che vogliono uscire dalla mia testa come aragoste dal mare bollente, ripartiamo dal fatto che l’Assurdo e soggettivo.
La definizione di Assurdo deve essere infatti data da ognuno di noi, e varia da istante a istante: come avete visto nell’articolo precedente nel giro di una birra ho cambiato la definizione.
Anche se “giro di birra” non so se è valido come unità di tempo: dipende se uno è a casa oppure al pub, e dipende dal tipo di birra, e dalle condizioni in cui ci si avvicina ad essa.
E ovviamente dalle dimensioni della birra, e dalla gradazione alcolica.
Diciamo che per cambiare la definizione di Assurdo basta il tempo che la lingua di un serpente impiega che entrare e uscire dalle velenose fauci molli e bianche.
Riprendiamo.
In un battito di lingua di serpente la definizione di Assurdo cambia i suoi connotati, la sua struttura: essa è variabile nel tempo, e lo stesso concetto si applica a tutte le definizioni che partono dall’Assurdo.
Se la Convenzione fissa nel vocabolario la definizione di una parola, pensando che essa abbia una definizione stabile nel tempo: l’Assurdo non spreca fiumi di vuote espressioni per parlare di qualcosa che tra qualche minuto, per l’osservatore, avrà cambiato radicalmente la sua implementazione nel mondo naturale.
Ogni persona vede le cose in maniera differente: i vocabolari andrebbero gettati dalle finestre, lasciando all’uomo il pensiero della definizione temporanea che più si attiene alla sua volontà e a quella dell’oggetto.
L’Assurdo è dunque soggettivo, come parecchie altre cose.
In particolare come la Bellezza.
Si potrebbe dunque affermare che Bellezza e Assurdo siano la stessa cosa?
Che coincidano come le macchie di un leopardo o come due birre?
O come due uncini nei cartoni dei pirati?
L’ultimo capitolo si concentrerà dunque sulla coincidenza tra Bellezza e Assurdo, calcando la biro sul foglio per spremere la vera natura del mondo tondo.
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